Gli ex sindaci di Reggio Emilia Graziano Delrio e Antonella Spaggiari, nonché Maria Sergio, moglie dell'attuale sindaco Luca Vecchi, e altri notabili del Pd tra cui l'ex vicesindaco Ugo Ferrari andavano indagati nell'inchiesta bis sui rapporti tra criminalità organizzata e politica. Era questa l'intenzione dell'allora pm della procura nazionale antimafia, Roberto Pennisi, spedito dal procuratore Pietro Grasso a Bologna per occuparsi dell'inchiesta Aemilia sulla mafia calabrese insediata tra Reggio e Modena. Intenzione che si scontrò però con la procura, all'epoca guidata da Marco Mescolini, magistrato che verrà poi cacciato dal Csm per i suoi rapporti con la nomenklatura locale del Pd.
Pennisi ha messo nero su bianco le sue convinzioni sulle indagini che si sarebbero dovute condurre a Reggio Emilia in una relazione di cui finora nessuno era entrato in possesso, nonostante il deputato forzista Maurizio Gasparri ne chieda copia da tempo. Indiscrezioni sui suoi contenuti circolano da alcuni mesi, confermate dallo stesso Pennisi, e il Giornale ne ha dato ampio conto. Ora stralci integrali della relazione sono finiti nella nuova edizione del libro scritto da Giovanni Paolo Bernini, l'esponente forzista che nell'inchiesta Aemilia venne incriminato, prima di venire assolto con formula piena. E il testo trascritto nel libro di Bernini, di cui il Giornale ha visionato le bozze, va ancora oltre le indiscrezioni, facendo nomi e cognomi degli esponenti dem che Pennisi - se non fosse stato richiamato a Roma - avrebbe incriminato. Nomi pesanti, a partire da quello dell'ex ministro Delrio.
Si tratta della relazione che Pennisi scrisse e inviò alla Procura generale della Cassazione nel procedimento pre-disciplinare contro Mescolini. Una relazione che rappresenta un atto di accusa esplicito su come è stata condotta l'indagine Aemilia, cioè colpendo due politici innocenti di centrodestra e lasciando cadere tutte le tracce che portavano invece a sinistra, verso il partito egemone da sempre nella terra di Don Camillo e Peppone.
Ma cosa scrive Pennisi? Innanzitutto che quando fu mandato da Piero Grasso ad affiancare Mescolini trovò una situazione in cui «i fenomeni connessi alla criminalità mafiosa calabrese segnalati alla Dda (il pool antimafia della Procura di Bologna, ndr) dalla polizia giudiziaria venivano trattati in maniera parcellizzata, così che non potesse avere una visione di insieme. E questo anche perché antecedentemente vigeva la regola di non affrontare in territorio emiliano i fenomeni di marca mafiosa nel loro aspetto associativo che veniva rimesso alla Dda di origine dei sodalizi mafiosi, limitandosi solo ad indagare sui reati».
Ma il bello arriva quando il magistrato, ora in pensione, precisava di aver prospettato «l'esigenza di uno stralcio del procedimento principale n. 20604/10 (la cosiddetta inchiesta Aemilia, ndr) di tutti gli atti afferenti ai rapporti ndrangheta e politica perché andassero a far parte di un distinto e nuovo procedimento penale». Un altro capitolo era pronto per essere scritto, dunque. E qui siamo al clou: «Ben ricordo che per l'attività di stralcio avevo già indicato quali fossero gli atti da selezionare e le strategie investigative da seguire. Nonché nelle grandi linee le persone da sottoporre ad indagine ovvero, come premesso, i soggetti che avevano gestito la cosa pubblica a Reggio Emilia negli anni precedenti, identificandoli nei sindaci Spaggiari Antonella e Delrio Graziano, anche per via della loro partecipazione alla Processione del Santo Crocefisso del 2009 (a Cutro in Calabria, ndr) nel corso della loro campagna elettorale per le elezioni amministrative reggiane che costituivano episodio sintomatico di cui far emergere i reali contorni nonché funzionari della amministrazione comunale di Reggio Emilia quali Sergio Maria, Ferrari Ugo e altri», scrive Pennisi.
Eccoli, dunque, i nomi che sarebbero dovuti finire nel registro degli indagati. Ma non fu possibile. D'altronde, sempre al Giornale lo stesso pm aveva rivelato che di spunti per andare a fondo sul Pd ce n'erano parecchi così come c'erano informative dei servizi segreti in cui comparivano già nomi e cognomi. Come quello di Maria Sergio, allora capo del servizio pianificazione del comune di Reggio Emilia nonché moglie del capogruppo in consiglio comunale di Reggio Luca Vecchi, oggi sindaco della città.
È a lui che viene inviata una lettera dal carcere firmata da uno degli arrestati del blitz Aemilia,che rimprovera Vecchi per non avere difeso a sufficienza i cutresi indagati: a differenza del predecessore Graziano Delrio. Eppure «il sottoscritto e altri imputati facemmo campagna in suo favore, come facemmo per Delrio».
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