Intercettazioni, ok allo stop. Ascolti non oltre 45 giorni

Il Senato approva con 83 sì. Scarpinato all'attacco: "Questo limite favorisce mafie e affaristi". Renzi (Iv): "No, si difende la Carta"

Intercettazioni, ok allo stop. Ascolti non oltre 45 giorni
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Civiltà giuridica o favore a mafiosi e stupratori? Ieri Il Senato ha approvato il disegno di legge 932 a prima firma del capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia Pierantonio Zanettin che modifica l'articolo 267, comma 3, del Codice di procedura penale e porta a 45 giorni il periodo massimo in cui è possibile ascoltare le conversazioni degli indagati.

I sì sono stati 83, 49 i contrari e un astenuto. I 45 giorni sono prorogabili solo in casi molto particolari di «assoluta indispensabilità». Restano fuori dalla norma i reati di criminalità organizzata. Il testo ora passerà all'esame della Camera per l'approvazione definitiva. In Aula sono stati presentati in 33 emendamenti a firma delle forze di opposizione, tutti bocciati. «Il contenimento temporale delle intercettazioni è un punto di partenza per una più incisiva riforma della materia. Di fatto, in alcuni procedimenti, l'attività tecnica di captazione telefonica o ambientale delle conversazioni era divenuta un'indagine parallela», sottolinea al Giornale l'avvocato Ivano Iai.

Il dibattito si è subito infiammato, masticano amaro i forcaioli e gli amanti dei brogliacci spalmati sui giornali: «Non è un regalo dello Stato alla criminalità, si sta difendendo la Costituzione. Se passa l'idea che chi intercetta ha sempre ragione tutti i cittadini sono potenzialmente criminali», dice in Aula Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva, che da parlamentare venne illegalmente intercettato, ricorda i limiti fissati dalla Cassazione e il rispetto della privacy, «un tema di diritti umani», beccandosi un'ovazione dal centrodestra. Dall'altra parte dell'emiciclo replica durissimo Roberto Scarpinato, senatore M5s, in un battibecco che infiamma l'aula: «È un atto politico con gravi ricadute sulla nostra convivenza civile, un lucido disegno politico per smantellare selettivamente i presidi dello Stato e favorire affaristi spregiudicati e colletti bianchi legati da segreti matrimoni di interessi con le mafie». Di «giustizia da palinsesto televisivo» parla il senatore Walter Verini, secondo cui emerge «il tentativo di delegittimazione della magistratura». A lui replica la senatrice Fdi Giovanna Petrenga: «Così si tutela il diritto alla difesa», «Siamo di fronte a un provvedimento che rientra nel solco della più generale riforma della giustizia intrapresa negli ultimi due anni da questo governo», sottolinea il meloniano Gianni Berrino.

Esulta Forza Italia con il firmatario del ddl Zanettin, che risponde alle contestazioni del pm Antonino Di Matteo («le indagini saranno più difficili»): «Secondo lui ogni reato sostanzialmente è mafia, perché perseguendo quel reato si può individuare un mafioso. È la teoria dei cosiddetti reati spia». Il senatore azzurro «da liberale» usa l'arma del sarcasmo: «Arriveremo a arresti e condanne preventive, grazie a intelligenza artificiale predittiva, analisi della mimica facciale, frasi pronunciate, movimenti del corpo o livello scolastico? È davvero il Grande fratello che vogliamo?».

«Le intercettazioni non sono prove ma mezzo di ricerca della prova», è uno strumento che può essere utilizzato solo per proseguire le indagini e mai per avviarle», ricorda ancora Iai. Gli abusi sulle intercettazioni hanno permesso di aprire filoni di indagini parallele, a cascata e a catena, si viene a sapere di altri fatti che possono pure essere penalmente rilevanti, a volte non sempre utilizzabili negli altri procedimenti ex articolo 270 del Codice di procedura penale «perché lì vale la sentenza Cavallo numero 51 del 2020», sottolinea il legale. Giusto indagare ma «da una parte ci sono le esigenze investigative, dall'altra c'è anche il rispetto della sfera più intima del cittadino», ricorda Zanettin. «Non si tratta di fare riforme contro la magistratura, ma per valorizzarne il ruolo, sottolinea al Tg2 l'azzurro Pietro Pittalis.

Con questo ok la riforma della giustizia prende sempre più corpo.

Dopo il divieto di intercettazioni dei colloqui tra difensori e clienti, approvata all'interno del ddl Nordio, c'è stata la stretta sul sequestro degli smartphone e dei supporti informatici, mentre il Guardasigilli è intervenuto al question time sull'interrogatorio preventivo prima dell'arresto cautelare, «limitato a certe circostanze» e definito «una scelta di civiltà perché esalta la presunzione di innocenza» contro «le troppe ordinanze ribaltate dal Tribunale della libertà o addirittura annullate dalla Cassazione».

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