Da quattro mesi stava in carcere perché aveva picchiato la compagna incinta. Ma dietro questa violenza, tutto sommato quasi «banale» di questi tempi, si nascondeva qualcosa di più. La follia, la ferocia, il fanatismo di un potenziale kamikaze imbevuto da una fede islamica malata. Quella dell'Isis.
Di questo sono convinti poliziotti e magistrati genovesi che per mesi hanno scandagliato il sui contatti. Controllando i profili Facebook, Whatsapp e Telegram, le tante «comunicazioni» cancellate dal telefonino, ma che rimangono intrappolate nei meandri della Rete. «Ha chiamato il chiamante, domani dovrò muovermi verso l'Italia, ho un lavoro importante da svolgere», uno dei tanti messaggi recuperati nella storia informatica di Nabil Benamir, marocchino di 30 anni per il quale il sostituto procuratore di Genova Federico Manotti, in coordinazione con la procura nazionale antimafia e antiterrorismo, ha ottenuto dal gip la custodia cautelare in carcere. L'accusa è quella di terrorismo. E gli elementi raccolti non hanno lasciato dubbi al gip Nadia Magrini che nell'ordinanza scrive: «La sensibilità di Benamir alla chiamata dell'IS è tutt'altro che improvvisata e superficiale e si concretizza non solo nello scambio di esortazioni e nell'esaltazione dei significati, ma anche nella condivisione delle conoscenze tecniche concretamente utili alla realizzazione di un attentato». L'individuazione e l'arresto del marocchino, in un'inchiesta che annuncia sviluppi, è frutto di lavoro di intelligence, nel cui contesto gli uffici antiterrorismo della nostra polizia hanno raccordato i contributi dell'Aisi, dei colleghi olandesi, di Europol e dell'Fbi statunitense. Cooperazione, una volta tanto, per incastrare un uomo che sarebbe «esponente di rilievo» del Califfato, ritornato in Italia lo scorso aprile anche «con l'obiettivo di addestrare altri membri dello Stato Islamico alla fabbricazione e all'utilizzo di esplosivi».
«Al Ziab Al Monfarida» il nome con il quale era stato battezzato il gruppo su Telegram formato da otto membri, la cellula dove il marocchino e gli altri si scambiavano file con le istruzioni per fabbricare e utilizzare ordigni. Per esempio come modificare vecchi telefonini e trasformarli in detonatori. Fra gli oggetti sequestrati dalla questura e gli uomini del Servizio contrasto dell'estremismo e del terrorismo esterno della Dcpp/Ucigos, proprio un Nokia 3310 che avrebbe potuto essere utilizzato in tal senso seguendo le istruzioni scritte in arabo. Gli inquirenti sembrano convinti: Nabil Benamir, per di più, sarebbe stato pronto ad immolarsi. Il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi, conferma: «C'è un'attenzione continua e un monitoraggio costante e capil\lare di ogni situazione o persona per cui vi sia il sospetto che possa essere vicina all'Isis». E così ripete la Digos, per bocca del vice dirigente Riccardo Perisi: «Benamir in due anni ha viaggiato in quasi tutta Europa, dalla Spagna alla Norvegia, passando per la Germania e l'Olanda. Sicuramente uno che istruiva gli altri jihadisti. Sicuramente si tratta di un soggetto molto pericoloso».
Tra le immagini trovate nei suoi telefonini e
pc anche il bando di arruolamento allo Stato islamico, con tanto di timbri. Le condizioni e le prestazioni, le località dove arruolarsi e le sanzioni per chi trasgredisce il giuramento. I maestri del terrore sono tra noi.
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