Jonathan Pacifici, la pietra d'inciampo in memoria di suo bisnonno, deportato ad Auschwitz, è stata bruciata a Roma.
«È il gesto di qualcuno che non accetta che i nipoti di Aurelio Spagnoletto si rifiutino di fare la stessa fine. Non mi sorprende. Con l'aria che tira spero di non dover sentire notizie pure peggiori, se pensiamo all'incendio di un cimitero ebraico in Austria o alle stelle gialle a Parigi. Un film già visto, purtroppo».
A quale film stiamo assistendo?
«Si parte dell'antisemitismo di 80 anni fa, si passa dall'attentato di Roma in cui anche io sono stato ferito, e si arriva a Israele che è sotto attacco di Hamas ancora oggi».
Vuole raccontarci quel giorno? Bombe e raffiche di mitra davanti alla sinagoga nel 1982.
«Porto ancora le schegge addosso, e sono poca cosa rispetto alle ferite che hanno subito altri, penso soprattutto al mio amico Gadi che purtroppo ha perso un fratellino».
Cosa collega l'attentato dell'82 a Roma e questo oltraggio alle pietre d'inciampo oggi?
«Il senso di insicurezza perenne degli ebrei. Io ho scritto che l'Europa non è un posto per ebrei. Un ex presidente, Cossiga, denunciò il fatto che gli ebrei siano stati venduti per un accordo: gli obiettivi italiani non venivano toccati, salvo che fossero ebraici. Questo ho detto ora al sindaco Gualtieri: grazie, ma la sicurezza per gli ebrei non c'era nel '43, non c'era nell'82 e non c'è neanche oggi. C'è un grande senso di abbandono, anche se siamo soddisfatti della linea degli Usa e di diversi governi, anche di quello italiano».
Non è poco.
«Certo. Io dico: non l'ho votata ma meno male che c'è Meloni. L'alternativa è D'Alema a braccetto con gli Hezbollah, per capirsi. Poi ci sono stati premier di sinistra amici, come Renzi. Ma di fronte a donne stuprate e bimbi uccisi, possiamo mettere da parte le faziosità politiche e essere d'accordo sul fatto che sono atti da condannare?».
Il 7 le condanne di Hamas sono arrivate da quasi tutti, salvo qualche frangia fanatica. Ma il probleforse è la vasta area grigia che resta ambigua su Israele. Anche nell'82 andò proprio così.
«L'aria era pesante già allora. Una guerra, manifestazioni di ostilità come quella sindacale che arrivò a gettare una bara davanti al tempio. Quel clima ebbe ripercussioni sulla mancata copertura da parte delle istituzioni, nonostante i campanelli d'allarme. L'approccio è lo stesso».
I fanatici sono pochi ma sono tollerati, non isolati, e molti dicono: Hamas uguale Netanyahu.
«...non capendo la differenza fra dei terroristi e un governo che prende decisioni vagliate da un sistema molto severo di controlli. In Israele abbiamo una stampa che gli fa pelo e contropelo, i reparto militari hanno addirittura un consulente legale che dice cosa si può fare e cosa no. Ma il 7 ottobre un grande choc ha percorso Israele, ricompattandolo, anche gli arabo-israeliani».
La storia è a un altro tornante.
«Un momento in cui si fa pace con la realtà.
Non è questione territoriale, o politica, è identitaria. Il fronte passa dove c'è un ebreo. Come ero io nel 1982, come un turista nel Daghestan, o un newyorkese che prende un caffè. È così da secoli, qualcuno si illudeva che cosi non fosse».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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