"Io, giovane cardinale dalla lontana Mongolia. Il Papa sa come stupire"

Cuneese, 47 anni, è Prefetto Apostolico di Ulan Bator: "Ancora non ci credo"

"Io, giovane cardinale dalla lontana Mongolia. Il Papa sa come stupire"

Tra i 21 nuovi cardinali che Papa Francesco creerà il prossimo 27 agosto, nel gruppo dei 5 italiani c'è anche monsignor Giorgio Marengo, cuneese di 47 anni, che dal 2020 ricopre il ruolo di Prefetto Apostolico di Ulan Bator in Mongolia, dov'è missionario da tanti anni. Due giorni fa aveva incontrato il Papa in Vaticano nel corso di un'udienza con le autorità mongole del buddismo ma il Pontefice non gli aveva rivelato che sarebbe diventato presto cardinale.

Monsignore, come ha saputo quindi di esser stato scelto?

«Avevo appena celebrato la messa dell'Ascensione in una comunità delle suore missionarie della Consolata, appena fuori Roma, ed ero con due sacerdoti della Mongolia con i quali ho avuto appunto nei giorni scorsi l'udienza con Papa Francesco. Terminata la messa una delle suore mi è venuta incontro e ha iniziato a farmi gli auguri. Sinceramente non capivo il perché. A quel punto mi ha detto che il Santo Padre al termine del Regina Caeli aveva letto il mio nome tra quelli dei nuovi cardinali».

E lei cos'ha pensato?

«Ho provato un senso di grande stupore, di grande smarrimento, perché è stata una vera sorpresa. Ho pensato subito a come il Papa abbia a cuore quelle realtà in cui la Chiesa è una minoranza: noi in Mongolia siamo davvero un piccolo gruppo, 1500 cattolici, rispetto alla popolazione che ha altre tradizioni. E ho provato anche un senso di gratitudine verso il Santo Padre che pensa alla Chiesa anche nei posti più lontani e meno consueti. Detto ciò faccio ancora fatica a rendermi conto di cosa mi stia succedendo».

Anche perché due giorni fa Lei ha incontrato il Papa, ma non le ha detto proprio nulla.

«Assolutamente, non ha detto niente su porpore cardinalizie o sull'annuncio che avrebbe fatto ieri. Abbiamo parlato di tante cose ma questo argomento non è stato proprio toccato».

Secondo lei perché il Papa dona un cardinale alla Mongolia?

«Questo denota il senso della sua cura pastorale: il successore di Pietro ha a cuore la Chiesa nel suo insieme e quindi anche dove ci sono piccole realtà. È un messaggio molto bello: pensiamo alle prime comunità cristiane che vivevano in situazioni di difficoltà. Questo è un gesto che mostra come il Papa continui a promuovere l'annuncio del Vangelo in tutte le parti della Terra».

Lei è il primo cardinale della Mongolia e con i suoi 47 anni (48 a giugno, ndr) diventa anche il più giovane del collegio cardinalizio.

«Proprio per la mia giovane età ho il desiderio di mettermi a imparare da tutte le persone con più esperienza di me. Mi sento molto piccolo e vorrei chiedere a tutti gli altri di condividere la loro conoscenza e la loro sapienza. Mi metterò alla loro scuola».

Guardando la lista dei nuovi cardinali, spiccano gli asiatici. È un segnale? Il Papa vuol dare più voce e più spazio a questo continente?

«Il fatto che il Papa dia un'attenzione all'Asia a mio parere è significativo perché la Chiesa in quel continente ha un'antichissima tradizione ma è rimasta sempre in proporzioni piccole. Sicuramente i popoli dell'Asia hanno una grande sapienza e una spiccata religiosità che può dare davvero tanto alla Chiesa universale».

Cosa cambierà per lei con questa nomina?

«Non cambierà nulla per me.

Penso che sia un incoraggiamento del Papa a continuare sulla strada già iniziata dal mio predecessore, monsignor Venceslao Padilla che è stato il grande fondatore della Chiesa in Mongolia e ha speso la sua vita per il suo popolo».

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