Isis davanti alle nostre coste: "Vi invadiamo coi migranti"

Attentato jihadista fa strage in un hotel a Tripoli, a 500 chilometri dalla Sicilia Un documento teorizza: infiltrare i barconi

Isis davanti alle nostre coste: "Vi invadiamo coi migranti"

Matteo Renzi se ne ricorda di tanto in tanto. Ed ogni volta promette di affrontare il problema. Salvo poi lasciar affondare la questione Libia nel consueto oblio. Ma mentre il nostro governo raramente ne parla - ed assai in fretta se ne dimentica - lo Stato islamico continua, invece, la sua manovra d'avvicinamento alla penisola. E così ieri - dopo aver lanciato il suo primo attacco in grande stile nel cuore di Tripoli - l'Isis ha reso noto un piano per sbarcare in Europa sfruttando quei barconi su cui - a dar retta al nostro esecutivo - viaggiano soltanto innocenti e innocui immigrati.

Nei piani dell'Isis, contenuti in un rapporto non verificabile, ma attribuito dai media libici allo stesso Stato islamico, quei barconi sono il mezzo migliore e più veloce «per arrivare in Europa» e «trasformarla in un inferno». Stando al rapporto l'Isis punta a «superare i punti di sicurezza marittimi e raggiungere il cuore delle città». «Se sfrutteremo questo canale sviluppandolo in modo strategico - scrivono gli autori del rapporto - la situazione del sud dell'Europa diventerà un inferno».

In attesa che gli analisti della nostra intelligence esaminino il documento e capiscano se preoccuparsi o meno l'Italia può comunque rivendicare il poco invidiabile primato di primo Paese occidentale adiacente ai territori infestati dai miliziani del Califfato. Ieri mattina, infatti, una cellula dell'Isis ha colpito nel cuore di Tripoli assaltando il Corinthia Hotel, l'albergo a cinque stelle frequentato dagli stranieri e utilizzato come residenza da Omar al Hassi, il «premier» della coalizione islamista impadronitasi della capitale dopo gli scontri della scorsa estate. Stando alla rete televisiva americana Cbs uno dei cinque stranieri periti nell'assalto sarebbe americano.

Il blitz, rivendicato da una cellula dello Stato islamico conosciuta come «Provincia Tripoli», puntava a colpire le «missioni diplomatiche e le compagnie di sicurezza non musulmane». L'operazione definita «battaglia di Sheikh Abu Anas Libi» doveva vendicare la morte di Abu Anas, il militante libico di Al Qaida deceduto il 2 gennaio mentre attendeva il processo in un carcere statunitense. Prelevato a Tripoli dalle forze speciali di Washington nell'ottobre 2013 Al Libi era un veterano di Al Qaida accusato di aver pianificato gli attacchi del 1998 alle ambasciate Usa in Tanzania e Kenya. L'attacco al Corinthia, iniziato alle dieci di mattina con l'esplosione di un'auto bomba nel parcheggio, è proseguito con l'irruzione di tre terroristi che si sono fatti esplodere dopo essersi barricati al ventunesimo piano. Al momento dell'irruzione il «premier» Omar Al Hassi e gran parte degli ospiti stranieri erano fuori dall'hotel e questo ha contribuito a ridimensionare la programmata strage.

Al Hassi è l'uomo di punta di «Alba Libia», la coalizione islamista legata ai Fratelli musulmani e appoggiata dal Qatar che la scorsa estate s'è impadronita della capitale grazie al sostegno delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi armati jihadisti. L'avvento di «Alba» ha costretto alla fuga il parlamento nominato dopo le elezioni dello scorso giugno. Le elezioni erano state vinte dalle forze filo occidentali del premier Abdullah al-Thani sostenute militarmente dal generale Khalifa Haiftar.

Da allora la Libia, devastata dalla violenza islamista, si ritrova divisa in almeno quattro regioni.

Mentre Al Thani e Haiftar resistono nella zona di Tobruck, al confine egiziano, e gli islamisti di «Alba Libia» occupano la Tripolitania la Cirenaica resta divisa tra l'Emirato di Bengasi, controllato dalle forze alqaidiste di Ansar al Sharia, e il Califfato di Derna dove, da novembre, sventola la bandiera nera dello Stato islamico.

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