Islam, abusi sessuali, preti sposati: viaggi e appuntamenti in Vaticano definiscono le priorità nell'agenda di Papa Francesco per il 2019. Anzitutto l'islam, con due appuntamenti importanti: lo storico viaggio negli Emirati Arabi Uniti, tra il 3 e il 5 febbraio, e la visita in Marocco il 30 e il 31 marzo. In quest'ultimo paese, il Papa bisserà la visita del 1985 compiuta da san Giovanni Paolo II: allora il tema dominante fu la necessità di un rinnovato dialogo fra cristianesimo e islam per superare le molte incomprensioni accumulatesi nei secoli, nella memoria di avere all'origine l'unico Dio. Ma rispetto ai suoi predecessori papa Francesco sembra spingersi molto oltre, e il senso lo dà il motivo della sua visita negli Emirati dove il 4 febbraio parteciperà al convegno interreligioso internazionale voluto dal principe ereditario Mohamed bin Zayed: il tema è la «Fraternità umana». È un argomento che non a caso il Papa ha posto al centro del suo messaggio Urbi et Orbi il giorno di Natale, quando ha ricordato che c'è un solo Dio, per cui tutti gli uomini sono fratelli. «Le nostre differenze non sono un danno o un pericolo», aveva detto il Papa, anzi «sono una ricchezza»; e aveva augurato la «fraternità fra tutte le religioni». È un messaggio che diventa problematico se viene inteso nell'interpretazione che anche recentemente ne ha dato il solito Eugenio Scalfari attribuendolo non smentito - al Papa stesso, vale a dire: Dio è uno, le religioni sono tutti modi diversi per arrivarci. Sparirebbe così qualsiasi pretesa cristiana di una Verità rivelata di cui è depositaria la Chiesa, e che i Papi precedenti non hanno mai messo in dubbio. Ora invece la tendenza è: tutti in cammino alla ricerca della verità, tutti con gli stessi pregi e gli stessi difetti. Del resto più volte Papa Francesco di fronte alle notizie di attentati terroristici islamici e di persecuzione dei cristiani nei paesi islamici - ha cercato di negare la differenza concreta tra islam e cristianesimo, parlando di islam come religione di pace e di cattolici che hanno anche loro i fondamentalisti in casa. Un calcio all'evidenza che a suo tempo fu evidenziato da un grande esperto di islam come il padre gesuita Samir Khalil Samir, che a Papa Francesco aveva obiettato che non è negando la verità che si costruisce la pace. Ma il Papa evidentemente crede che sull'altare del dialogo e della pace possa essere sacrificato tutto o quasi. Ed eccolo dunque pronto a questo viaggio storico, perché è la prima volta di un Papa nella penisola arabica, e per la prima volta una messa sarà celebrata in un luogo pubblico.
Tema ancora più spinoso è quello relativo agli abusi sessuali. Dal 21 al 24 febbraio è convocato in Vaticano un vertice con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo, ma anche se il tema riguarda tutti i Paesi, è chiaro che in questo momento tutti i riflettori sono puntati sugli Stati Uniti. Lo scandalo del cardinale Theodore Edgar McCarrick, diventato prima vescovo e poi cardinale malgrado le voci insistenti e anche le denunce dei suoi abusi sessuali sui seminaristi e da ultimo su alcuni minorenni, ha sconvolto la Chiesa americana e non solo: l'ex nunzio negli Stati Uniti, monsignor Carlo Maria Viganò, ha infatti reso pubblico nell'agosto scorso un lungo memoriale in cui tira in ballo la Curia vaticana per le coperture date a McCarrick e perfino Papa Francesco che, pur da lui informato, avrebbe incaricato l'ormai anziano cardinale americano di missioni importanti. Papa Francesco non ha mai voluto rispondere sulla veridicità dei fatti circostanziati citati da monsignor Viganò e ha anche risposto picche alla richiesta della Conferenza episcopale americana di avere accesso ai documenti vaticani per fare piena luce sulla vicenda McCarrick. Ma proprio il 3 gennaio papa Francesco ha inviato una importante lettera ai vescovi americani, riuniti negli esercizi spirituali da lui stesso sollecitati, in cui intende indicare la strada per uscire dalla situazione. Indicazioni spirituali più che altro: un richiamo alla conversione («della nostra mente (metanoia), del nostro modo di pregare, di gestire il potere e il denaro, di vivere l'autorità e anche di come ci relazioniamo tra noi e con il mondo») e a misure che abbiano «il sapore di Vangelo» per evitare che «il rimedio () diventi peggiore della malattia».
Si tratta di indicazioni generiche, ma molto lontane dalle attese che i fedeli americani hanno riguardo alla verità di quanto è accaduto e sulle responsabilità, che non sono solo americane come la lettera del Papa sembrerebbe invece suggerire. È perciò facile immaginare che il messaggio ai vescovi americani possa essere fonte di nuove polemiche, tanto più che a fronte di tante belle parole il Papa ha voluto nel comitato organizzativo del vertice di febbraio l'arcivescovo di Chicago, cardinale Blaise Cupich, che deve la sua carriera ecclesiastica proprio all'amicizia con il cardinale McCarrick.
Se questi temi sono caldissimi anche per la cronaca, un altro appuntamento del 2019, più in sordina, potrebbe aprire a grandi cambiamenti nella Chiesa. È il Sinodo dell'Amazzonia, che si terrà in Vaticano in ottobre. Il tema centrale sarà l'ecologia, ma il vero nodo sarà quello della risposta al problema della scarsità dei sacerdoti. Seppure riferita soltanto alla regione amazzonica, la spinta verso l'ordinazione sacerdotale di persone sposate di provata fede (i cosiddetti viri probati) è ormai chiara.
Ma proprio il fatto di aver voluto svolgere il Sinodo a Roma sta ad indicare che tale suggerimento si intenderà come risposta possibile a tutte le chiese con scarsità di vocazioni (e la Chiesa tedesca già scalpita). Questa almeno è l'intenzione del Papa; che poi questo accada sarà da vedere.
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