
Questa settimana, accanto a una situazione di normale «day by day» politico, abbiamo sperimentato una serie di domande riguardanti i dazi imposti dagli Stati Uniti al mondo e in particolare a noi italiani. Come reagirebbero, quindi, gli italiani ai dazi Usa se tra 90 giorni non venissero applicati e quindi ci fosse una situazione, in termini di dazi, simile a quella attuale? Cominciamo pertanto da una informazione positiva: gli italiani, alla sospensione dei dazi, sarebbero fortemente motivati nel vivere meglio tutti i giorni e questo vale per tutti i settori coinvolti. Alla domanda se la sospensione dei dazi possa avere ricadute positive, quasi 6 italiani su 10 rispondono di sì, senza una precisa dimensione politica.
Uomini e donne, ricchi e poveri, giovani e anziani vedono la sospensione dei dazi come la fine di un incubo. Parlo chiaramente degli italiani informati che corrispondono quasi al 90% della popolazione. Una volta tirato questo sospiro di sollevo, abbiamo, più nello specifico, chiesto quali sono i prodotti che, ripartiti per grandi categorie, potrebbero non venire più acquistati se i dazi programmati da Donald Trump entrassero in vigore dopo i 90 giorni di sospensione. L'esame da noi fatto ci pone di fronte a una segmentazione dei prodotti acquistabili in tre grandi categorie.
La prima, che corrisponde a circa 1/3 dei consumi, soffrirebbe piuttosto poco. Sto parlando principalmente dei prodotti alimentari, di quelli per la pulizia della casa, dei prodotti per l'igiene della persona e dei medicinali e servizi sanitari. Circa 1/3 dei consumi delle famiglie italiane rimarrebbe quindi quasi immutato o con delle marginali variazioni negative. In un certo senso si tratta di beni necessari a vivere e a convivere. È infatti necessario alimentarsi, curare il proprio corpo e comunicare, nonché curare l'aspetto della propria casa. Quattro categorie di beni, quindi, considerate assolutamente necessarie alla propria sopravvivenza sia personale che sociale. Dove esiste la maggiore incertezza? In un secondo terzo dei consumi relativi a due categorie centrali: i libri, i giornali e le riviste, da una parte e le telecomunicazioni (spese per telefono, internet e così via), dall'altra.
Qui i dubbi se diminuire o meno i consumi sono piuttosto forti. E in ogni caso una cosa è più chiara: gli anziani tendono a conservare i loro acquisti in «cultura tangibile» formata da libri, giornali e fruizione della tv; mentre i giovani tendono a conservare se non ad accrescere la loro cultura attraverso il web. Una terza area di consumi, che potremmo definire «consumi a forte elasticità», è più in balia dei dazi e quindi in linea di principio «messa da parte» da molte persone in caso di dazi permanenti.
Parlo in particolare di oggetti di arredamento, elettrodomestici e servizi per la casa: oltre che di viaggi e vacanze, di consumi fuori casa (ristoranti, bar e simili) e oggetti di abbigliamento, non escludendo mai un minor uso dell'automobile. Si tratta quindi di circa un terzo dei consumi che potrebbero essere ridotti di alcuni punti percentuali. In tutto, attraverso opportune ponderazioni, si può calcolare che a causa della «strategia dura» nei confronti dei dazi, i consumi degli italiani diminuirebbero intorno al 3-4% su base annua. Ovviamente, si tratta di una ipotesi prudenziale in cui lo stress della comunicazione prevale sull'effettiva realtà. In ogni caso, è presente un «segnale debole» aggiuntivo dato dalla presenza di una sottostante «idea di rivincita» nei confronti degli Usa, che prenderebbe corpo nel boicottaggio di alcuni prodotti americani.
Questa forma di «rivincita psicologica» circola nella mente di poco meno della metà degli intervistati.
Quanto alle ulteriori informazioni, riguardanti l'andamento della popolarità dei leader politici italiani, la normalità continua così come i partiti di governo che continuano ad affermare il proprio primato non scalfibile da altre forze politiche grandi o piccole che siano. E infine le intenzioni di voto tendono a un'assoluta stabilità.
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