Ius Italiae sì, Ius Italiae no, Ius Italiae bum. La grana della cittadinanza agli stranieri scoppia come una mina dentro il centrodestra. Ma rispetto al motivetto di Elio e le Storie tese il leit motive tra Forza Italia e gli alleati è un disco rotto. «Quando eravamo all'opposizione, presentai due emendamenti più avanti di quanto proposto adesso da Forza Italia, che li bocciò. No all'uso strumentale di argomenti per fare braccio di ferro, la cittadinanza non è nel programma», ricorda il presidente del Senato Ignazio La Russa durante un'iniziativa Fdi a Padova. Ah no? «Favorire l'inclusione sociale e lavorativa degli immigrati regolari è il punto 6 del programma sottoscritto da tutti», è la replica su X del ministro degli Esteri Antonio Tajani (foto). Attualmente, il comma 1 dell'articolo 9 (lettera «b») della legge numero 91 del 1992, quella che da oltre trent'anni regola la concessione della cittadinanza italiana, prevede che possa essere concessa «allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente» in Italia da almeno «cinque anni successivamente alla adozione» o (lettera «f») «allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni». I punti principali della riforma sono tre: cittadinanza dopo 10 anni di scuola, non di semplice residenza: costi più alti per fare la domanda; albero genealogico dello ius sanguinis fermo al bisnonno «italiano», con l'obiettivo dichiarato di disinnescare il mercato delle false cittadinanze concesse allegramente in passato grazie a qualche fantomatico antenato tricolore inventato con la complicità di alcune agenzie. Il generale Roberto Vannacci, che pure giura di averla letta attentamente, sentenzia: «La cittadinanza non si vende, non si regala, non si svende, è quella guadagnata dai nostri nonni sul Carso», dice circondato dai leghisti a Pontida, poi aggiunge «tutti gli stranieri che nascono in Italia hanno lo ius sanguinis», poi cita lo ius soli caro a sinistra che esiste solo «negli Stati Uniti, in Canada, Brasile e Argentina». Ma che ci azzecca con lo ius Italie?
«Oggi si dà la cittadinanza a 18 anni senza verifiche. Con lo ius Italiae servirebbero 10 anni di frequenza della scuola dell'obbligo: è una norma più attenta all'integrazione e all'identità italiana», ribadisce ai microfoni del Tg1 Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia e curatore della proposta col capogruppo alla Camera Paolo Barelli. «La ricetta per i prossimi anni non è concedere più cittadinanze o regalarle più facilmente. La priorità per la Lega casomai dovrà essere quella di poterla revocare a quelli che delinquono», urla ai suoi a Pontida l'altro vicepremier leghista Matteo Salvini, davanti agli stessi militanti che solo l'altro giorno avevano definito Tajani «uno scafista». «Manifestare è il sale della democrazia e noi siamo contro lo ius scholae, i nostri giovani eccezionali abbiano rispetto della controparte», ribadisce il governatore del Veneto Luca Zaia alla kermesse lumbard.
«Chi chiede la cittadina deve prendersi degli impegni, non basta solo un ciclo scolastico. E poi la riforma sarà spazzata via con il referendum», è la posizione del sottosegretario ai Trasporti Edoardi Rixi. Già, il referendum. La sinistra è tutta concentrata sul quesito abrogativo che vorrebbe cancellare una parte dell'articolo 9: riscrivendo i commi «b» ed «f» tornerebbe in vigore il requisito dei cinque anni di residenza previsto dalla vecchia legge del 1912. Ma per gli esperti sarebbe un quesito «manipolativo», e quindi la Consulta - se le firme raccolte fossero verificate (siamo a oltre 640mila, in gran parte digitali) - potrebbe decidere si bocciarlo il prossimo 10 febbraio. Ma anziché ragionare sul quesito è meglio buttarla in caciara.
«Ecco perché Giorgia Meloni sta facendo di tutto per nominare i suoi fedelissimi alla Corte Costituzionale, vuole fermare i referendum», blatera il segretario di +Europa Riccardo Magi. Il complottismo sì che trova sempre cittadinanza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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