"Kamala non sposta nulla. Donald verso la vittoria"

L'ex consigliere del tycoon: "Chiunque corra, questa amministrazione è bocciata"

"Kamala non sposta nulla. Donald verso la vittoria"
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«I repubblicani sono vicini alla vittoria». Su questo non ha dubbi George Lombardi, ex direttore esecutivo del Consiglio internazionale per lo sviluppo economico, amico personale e già consigliere dell'ex presidente degli Stati Uniti d'America.

Donald Trump è preoccupato del fatto che Kamala Harris possa prendere il posto di Biden?

«Assolutamente no. Anzi, il contrario. Secondo la base, ossia gli elettori del Partito Democratico, Biden sarebbe stato meglio perché contrapporre Harris o il governatore della California a Trump crea dei problemi ai democratici è rende più difficile una loro vittoria».

Cambiare cavallo in corsa, a pochi mesi dal voto, non è un errore? Sarebbe come ammettere di aver puntato finora su una persona fisicamente malata?

«Non converrebbe cambiare, ma la salute del presidente Biden peggiora ogni giorno di più ed è evidente a mezzo mondo».

Ora, i democratici potrebbero avere più possibilità di vittoria?

«Non credo vi saranno grandi cambiamenti. Harris è praticamente il sinonimo di Biden. Rimane intatta tutta la direzione dell'amministrazione. Chi è convinto a votare democratico continuerà a farlo, mentre chi è trumpiano continuerà a votare Trump. Gli indecisi sono pochi, forse ci si gioca l'1%, ma neanche».

Perché ritiene che l'amministrazione Biden sia di estrema sinistra?

«Ha appoggiato l'immigrazione selvaggia e le ideologie marxiste, compresa quella cinese. Ma non solo. È stata dalla parte dei verdi fanatici e non dei veri ambientalisti e ha persino sostenuto gli islamisti e tutti i gruppi antiamericani, gli anarchici, gli antifa e tutti i gruppi vicini a Soros».

Una donna democratica, di colore e di origini indiane, non potrebbe avere più chance di vincere rispetto a un miliardario bianco di destra?

«No. Le minoranze etniche sono stufe delle promesse non mantenute di Biden e Harris. Forse guadagnerebbe quale voto islamista, ma anche i musulmani non si fidano. Non sono come gli indiani nel Regno Unito».

Perché non si fidano?

«Perché queste Ilhan Omar e Rashida Tlaib, due parlamentari dem arricchite aiutando le ditte straniere piuttosto che i loro elettori».

Trump, invece, sembra raccogliere molti consensi tra gli ispanici. Perché?

«Personalmente sto facendo moltissima campagna sui social in lingua spagnola. Il fatto che il presidente dell'Argentina, quello dell'Ecuador e quello di El Salvador sono andati a trovare Trump senza passare per la Casa Bianca per incontrare il presidente in carica la dice lunga. Ma non solo. Milei è anticomunista e si è esposto molto per Trump. Se prima gli ispanici erano per l'80% democratici e per il 20% repubblicani, ora il rapporto è 50 e 50».

Ma da cosa dipende questa inversione di tendenza?

«Biden ha favorito un'immigrazione selvaggia che non piace alla comunità ispanica che già abita negli Usa. I nuovi immigrati irregolari sono visti come la concorrenza che ruba loro il lavoro. Stessa cosa per la comunità afroamericana che deve dividere il lavoro e i sussidi statali per chi è senza lavoro».

Chi è più autorevole a livello internazionale tra Trump ed Harris?

«Sicuramente Trump che ha fatto gli Accordi di Abramo ed è andato in Corea del Nord. Ma non solo. Ha avuto il bravissimo Mike Pompeo come ministro degli Esteri e io spero che ritorni».

Il governatore di uno Stato in bilico avrebbe più chance della Harris?

«Sì, il governatore di uno Stato forte potrebbe avere più chance di Harris, ma Trump resta in vantaggio».

In politica estera, con Trump potrebbe finire la guerra in Ucraina?

«Molto

probabilmente sì perché basta che non invii più armi a Kiev e questa guerra stupida che sta facendo solo danni può terminare già a febbraio. È un conflitto che fa solo male all'Europa, all'Ucraina, alla Russia e all'Occidente».

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