«Tanto un'accoglienza non governata quanto una velleitaria politica di chiusura ideologica anti-immigrati avrà sempre costi alti sia in termini di vite umane sia in termini finanziari». Nicola Latorre, ex parlamentare Pd e oggi direttore dell'Agenzia industrie difesa (Aid), commenta così le inchieste del Giornale sui costi dell'accoglienza.
Non crede sia eccessivo spendere 945 euro al mese per ogni migrante che sbarca?
«Solo una strategia di medio lungo periodo che, oltre alla doverosa accoglienza dei rifugiati, preveda l'accoglienza regolare di migranti economici in numero adeguato a sostenere un'efficace integrazione rende i flussi migratori una risorsa e non un costo. Questo numero deve essere il frutto di accordi con i governi dei Paesi di provenienza con ciascuno dei quali definire il numero di trasferimenti in cambio di un loro impegno a combattere i trafficanti di essere umani e a condividere il rimpatrio di migranti illegali. Affidare quindi la gestione di queste liste alla rete diplomatica e consolare italiana che formerà professionalmente in loco i migranti, oltre a insegnare loro la lingua italiana».
Anche l'accoglienza dei minori non accompagnati ha costi elevati. Secondo Lei, la Legge Zampa ha funzionato?
«Ci sono parti della legge che possono essere riformate sulla base dell'esperienza concreta fatta in questo periodo fermo restando l'opportunità di non rinunciare a uno strumento di protezione dei minori stranieri non accompagnati».
Il sindaco Sala ha avuto dei ripensamenti su questo tema. L'accoglienza tout-court è irrealizzabile?
«Solo una politica di accoglienza diffusa è sostenibile. È indispensabile inquadrarla in un impianto nazionale che fissi proporzionalmente i limiti nella distribuzione tra le diverse realtà territoriali. Spalmare equamente gli accolti su tutto il territorio nazionale evita concentrazioni che rendono impossibile un'adeguata politica di integrazione e pongono un serio problema di sicurezza. Certo, un'acritica politica di accoglienza rende tutto più difficilmente realizzabile».
Il sindaco di Torino ritiene che il problema superi ogni colore politico. Lei cosa pensa?
«Quello migratorio è un fenomeno strutturale che ci accompagnerà per molti anni, non lo si governa mutando le politiche con la stessa frequenza con cui mutano gli scenari politici. In questi anni, salvo la parentesi tentata dal ministro Minniti, i protagonisti delle scelte si sono preoccupati più delle ricadute elettorali che di un efficace governo del problema. Come per la politica estera e di difesa oggi anche quella migratoria non dovrebbe essere oggetto di scontro politico ma terreno di un confronto teso a costruire la massima unità del Paese».
L'atteggiamento dell'Ue sull'immigrazione, negli ultimi mesi, è cambiato?
«L'accordo con la Tunisia e l'idea di un nuovo Piano Mattei vanno nella giusta direzione e sono un ingrediente importante di una più ampia strategia di governo del fenomeno.
Sono accordi cui devono seguire impegni concreti sia in termini di investimenti e sia in termini di protagonismo politico diplomatico, Quello che sta accadendo nel Sahel è motivo di preoccupazione per tutta l'Europa. E l'UE ora predica molto meglio che nel recente passato, ma poi nei fatti continua a non apparire conseguente».
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