"L'antifascismo è diventato una fazione. Ma la libertà è il patrimonio della destra"

Il giornalista: "Mussolini è stato un capobanda, la violenza è la vera essenza del regime. Gli italiani però hanno un'idea distorta di lui"

"L'antifascismo è diventato una fazione. Ma la libertà è il patrimonio della destra"

Ottobre 1922, ottobre 2022: cento anni dalla marcia su Roma e dalla fascismo al potere. Aldo Cazzullo, giornalista affamato di cronaca e appassionato di Storia, senza spaventarsi della bibliografia che da un secolo si accumula sul tema, prova a ri-raccontare ai lettori-elettori cosa furono quei vent'anni di Regime. Che non passano mai. E lo fa, in modo duro e senza sconti, nel saggio Mussolini il capobanda (Mondadori).

Cent'anni fa è la premessa l'Italia «cadeva nelle mani di una banda di delinquenti, guidata da un uomo spietato». Cosa fu il fascismo e chi era Mussolini?

«Il fascismo è qualcosa che nasce con la violenza e muore, ma non del tutto, con la violenza. E Mussolini è un uomo che prende il potere con la forza, che elimina gli oppositori e che in Parlamento dichiara Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!. È una provocazione, certo. Ma l'uso del linguaggio delinquenziale è insito nel fascismo. Quando il conte Carlo Sforza, dopo la nomina di Mussolini a primo Ministro, si dimette da ambasciatore a Parigi, viene convocato a Roma. Il Duce gli chiede di ripensarci, e lo minaccia: Io potrei farLa mettere al muro con dodici pallottole. Questo è il suo linguaggio e la violenza è l'essenza del fascismo».

Sottotitolo del libro: «Perché dovremmo vergognarci del fascismo». Risposta?

«Perché la banda di Mussolini prima della marcia su Roma ha già bastonato, ucciso, umiliato centinaia di persone. Nel '38 Mussolini ha già eliminato i suoi principali oppositori, fra cui Matteotti, Amendola, i fratelli Rosselli, Don Minzoni, Gobetti... Perché fa sterminare gli etiopi col gas. Fa bombardare le città della Spagna nella guerra civile. Perché si allea con Hitler, perché impone le leggi razziali. Perché parla di guerra per vent'anni senza prepararla, e manda gli alpini in Russia senza neanche le calzature adatte, 80mila morti, migliaia di congelati: un crimine contro il nostro stesso popolo...».

Però non si può neanche ridurre il fascismo a un romanzo criminale. Nel Ventennio ci fu una fioritura delle arti straordinaria, leggi esemplari, conquiste nella fisica, la riforma della Scuola...

«Un regime si giudica dagli esiti. E l'esito fu un regime. Mussolini dichiarò guerra alla Gran Bretagna, l'Urss e gli Usa. Il risultato fu un Paese distrutto e sconfitto nonostante l'eroismo dei suoi soldati. Le bonifiche e un bel quartiere come l'Eur non valgono niente di fronte alle macerie lasciate dal fascismo».

Molti non la pensano così.

«Il problema è che abbiamo un'idea distorta, consolatoria e auto assolutoria di quell'epoca. Infatti pochi ormai si definiscono fascisti, poi ci sono tanti antifascisti, ma la maggioranza degli italiani non ha un'idea negativa del Duce».

Perché?

«Perché è più difficile fare i conti con la memoria nazionale quando coinvolge le nostre famiglie. Molti hanno avuto un padre o un nonno fascista anche dopo l'8 settembre. Chi è cresciuto sotto Mussolini era convinto che il fascismo fosse l'Italia, che le due cose coincidessero. E scelse l'Italia. Una scelta che si può comprendere, ma non giustificare. Si deve accettare che ci fu una parte giusta e una sbagliata e dalla parte sbagliata ci furono anche persone nobili e da quella giusta anche persone meschine ma le due parti non possono essere confuse. Poi, certo: così come non si può fare alcuno sconto al nazifascismo, non si deve aver paura a raccontare le pagine nere della resistenza, che ci furono».

E la memoria condivisa?

«Non credo alla memoria condivisa. Credo ai valori condivisi. E l'antifascismo, come l'anticomunismo, dovrebbe essere un valore condiviso da tutti, non da una sola parte».

Cosa deve fare la destra in Italia per liberarsi dall'ombra del fascismo?

«Fare quello che ha sempre fatto la destra conservatrice e liberale, l'alveo in cui è nato il Giornale di Montanelli: conservare la tradizione, che in Italia ha ancora un grande futuro; e fare un grande investimento sulla libertà. Liberare l'Italia dal fisco, dalla burocrazia, dai lacci che impediscono il lavoro e di arricchirsi legittimamente, perché la ricchezza in sé non è un male. Se la destra si batterà per difendere tradizione e libertà, si mettersi alle spalle il retaggio fascista».

Il fascismo per la destra è un problema, ma per certa sinistra un'ossessione.

«Il problema è l'antifascismo invece che diventare un patrimonio di tutta la nazione lo è diventato solo di una fazione. Ma l'antifascismo non può essere monopolio della sinistra. Il fascismo fu sconfitto da uomini di destra come Churchill e De Gaulle. E in Italia fu combattuto non solo da comunisti, socialisti o azionisti; ma da liberali come Amendola e Croce, da cattolici come don Minzoni e Frassati, monarchici o i 600mila militari internati che si rifiutarono di combattere coi nazifascisti».

C'è un rischio di ritorno del fascismo?

«No, assolutamente. Ma alcune idee del fascismo - nazionalismo estremo, xenofobia, razzismo - non sono morte. E tocca ai conservatori e ai liberali, per primi, combatterle».

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