Ogni pezzo di storia ha il suo stendardo antisemita, ogni folla impazzita insegue i suoi ebrei, o meglio la loro immagine disegnata dai suoi fantasmi; e per questo vuole distruggere la memoria dei loro morti, si inventa una ragione per disprezzare il popolo ebraico, uno slogan per criminalizzarlo. Così sta accadendo purtroppo in Francia in questi giorni. Il Memoriale dei Martiri della Deportazione è stato vandalizzato dalla folla che protesta per l'uccisione del giovane Nahel. Sul monumento è stato scritto «Facciamo una Shoah». Chi l'ha scritto nemmeno sa, o gli piace, che la Shoah in Francia è già stata compiuta una volta quando 200mila ebrei, fra cui un numero immenso di bambini caricati da soli sui treni, furono deportati dal regime di Vichy guidato da Petain il «gauleiter» di Hitler.
Che cosa è la follia odierna? È un'esplosione nell'ambito di una gigantesca recrudescenza antisemita che ancora non si prende nella dovuta considerazione specie in Francia e in Belgio. Si tratta di un'antisemitismo politico misto a quello religioso, una nuova versione dell'«odio più antico», che ha già messo in fuga molti ebrei francesi, aggredisce, distrugge, offende, che esplode con tratti sempre più pericolosi se si muove una massa di persone infuriate. Dice Meyer Habib, avvocato francese leader della comunità di 500mila persone: «È un'Intifada nel cuore della Francia». Non è una frase peregrina. Contiene una riflessione: ciò che mette oggi in pericolo le vite degli ebrei francesi è la costruzione ideologica del nesso fra colonialismo bianco, Stato d'Israele, sanguinose accuse a Israele e agli ebrei di egoismo e crudeltà, apprezzamento per Hamas. Ne deriva una sorta di alleanza internazionale antimperialista fra piazze che, e questo non deve essere taciuto, sono in gran parte islamica, e il movimento che come già scrivevamo, si disegna come contro i «suprematisti» gli «oppressori».
L'escalation è stata incessante, troppi gli attentati mortali da Ilan Halimi torturato a morte in una banlieue degradata e poi gettato in una discarica, e poi tanti altri innocenti a Marsiglia, a Parigi e anche in Belgio, sempre in nome della lotta antimperialista. Nel 2014 sotto le bandiere palestinesi e con grida di «morte agli ebrei» e di «Hitler aveva ragione» centinaia di ebrei furono assediati nel corso di grandi manifestazioni in due sinagoghe parigine. Netanyahu ha avuto ragione, ieri, a testimoniare la vigilanza di Israele sugli eventi condannando gli attacchi. L'enorme massa di propaganda antisemita da fonti e figure islamiche, fasciste, comuniste di questi anni attecchisce, si diffonde, diventa discorso pubblico e esplode nella violenza. Se guardiamo alla storia degli Stati Uniti, dopo gli anni 50 e i primi 60, di comune impegno per il voto e i diritti umani, comincia una catena di odio proveniente proprio dal movimento la cui logica, come aveva capito bene Martin Luther King, era invece legata a doppio filo a quella della rinascita ebraica. Da Malcom X, Jesse Jackson, Louis Farrakhan, Ilhan Omar, fino a Black Lives Matter l'attacco a ebrei e a Israele ha acquisito toni molto più che violenti, a partire dalla piattaforma in cui «BLM» accusa gli Usa di complicità «nel genocidio compiuto contro il popolo palestinese» e poi non perde occasione per prendersela con gli ebrei, capitalisti, suprematisti, bianchi! Ma spesso l'antisemitismo islamico o nero sono stati messi da parte perché si parla di mondi sofferenti e oppressi, come quelli delle banlieue e della periferia francese o americana.
E anche quando sono Roger Waters o Kanye West, grandi divi, a impugnare la bandiera antisemita nessuno si allarma abbastanza, e nemmeno quando il Financial Times si lancia in una severissima review degli ultimi fatti mediorentali arrivando alla conclusione che Israele, vista tout court come Paese oppressivo e di destra, deve essere repressa e sorvegliata dai Paesi Occidentali perché altrimenti essi non avranno più la forza di agire in difesa degli ucraini. Ovvero: gli Ucraini sono palestinesi, gli israeliani somigliano a Putin. È il Financial Times! Leggere per credere.
Dalle colonne più eleganti
arriva così il lasciapassare per l'odio politico verso gli ebrei: quello religioso ne deriva, è logico. È normale. È antisemitismo. Eppure, che sia un affare piuttosto importante, mi pare che la storia l'abbia dimostrato.
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