L'assassino di Melis ha sparato per gelosia: incastrato dai filmati

La donna aveva rifiutato le sue avance. Ieri l'addio all'operatore della Croce Verde

L'assassino di Melis ha sparato per gelosia: incastrato dai filmati

Catturato qualche ora prima che venissero celebrati i funerali della sua vittima.

Venerdì sera gli agenti della squadra mobile di Torino hanno fatto scattare le manette ai polsi di Luigi Oste, 62 anni, residente nel quartiere Falchera, che dovrà rispondere dell'omicidio si Massimo Melis, l'operatore della Croce Verde 52enne freddato sabato notte mentre si trovava a bordo della sua auto, in via Gottardo. Il corpo dell'uomo era stato trovato solo il pomeriggio seguente, dopo che l'anziana madre aveva chiesto aiuto all'amica del figlio, Patrizia, con la quale sapeva che sarebbe uscito la sera prima. La pensionata era preoccupata, perché a casa il figlio era più tornato.

E Patrizia e la sorella lo avevano trovato morto dentro la sua Punto blu. La pista sulla quale gli investigatori avevano mosso i primi passi era quella giusta. Massimo è stato ucciso per gelosia da Oste, che lo vedeva come un rivale in amore. Ma sembra che tra Patrizia e la vittima, in passato fidanzati, fosse rimasta solo una forte amicizia. Per questo si vedevano spesso e sabato erano stati a cena insieme, dopo aver fatto la spesa. Neanche Oste aveva mai avuto legami sentimentali con la quarantenne, che vive a pochi metri da dove Massimo è stato ucciso, ma se n'era invaghito, forse perché la incontrava spesso. L'aveva conosciuta a giugno, quando lui aveva iniziato a collaborare col bar L'Angelo Azzurro di corso Vercelli, vicinissimo al bar Caffè Gottardo, che la donna gestisce insieme alla mamma. Ma Patrizia aveva sempre rifiutato le sue avances. Nella mente dell'assassino lei deve essere diventata un'ossessione e Melis ancora di più. Lo conosceva, ma non lo aveva mai minacciato, o così risulta allo stato dei fatti. Forse però lo avrà fatto sabato. Ha seguito Massimo e Patrizia e quando lui l'ha riaccompagnata a casa è entrato in azione.

Ma sulla dinamica nessuna certezza. Il killer, infatti, nell'interrogatorio davanti al pm Chiara Canepa, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Si è limitato a dire che la sua professione è imprenditore edile, ma non la esercita da tempo e si arrangia facendo lavori saltuari, come quello al bar.

Le indagini si sono sviluppate attraverso i filmati delle telecamere presenti in zona, l'analisi dei tabulati e diverse e testimonianze, che hanno permesso agli investigatori di ricostruire il quadro indiziario che ha portato al fermo. L'assassino era già noto alle forze per precedenti per traffico di stupefacenti e altri reati. A giugno era stato arrestato per resistenza e lesioni per avere aggredito le forze dell'ordine dopo un incidente stradale.

Quella tragica notte ha mirato Melis alla tempia e ha fatto fuoco, ma l'arma non è stata trovata. Quindi si è allontanato a piedi, continuando a fare la sua vita e a lavorare al bar. La polizia venerdì lo ha arrestato temendo che stesse programmando la fuga.

Ieri si sono svolti i funerali di Melis. Una grande macchia arancione, formata da decine e decine di operatori della Croce Verde, ha accolto l'arrivo del feretro nella Chiesa di Sant'Antonio da Padova, dove Massimo da bambino faceva il chierichetto. «Abitavamo proprio qui davanti - ha confidato la sorella Monica al sacerdote - e da bambini questa chiesa era la nostra seconda casa». Il 52enne poi si era spostato in Barriera di Milano e lì aveva coltivato nuove amicizie. «Un gesto folle, crudele e insensato ha spento la vita di Massimo - ha detto padre Nicholas -. Questa è stata una settimana di lacrime ma è un dolore senza rabbia, con sentimenti di amore e misericordia. Ora chiediamo al Signore di dare la forza alla famiglia di Massimo». «È una morte improvvisa e inaccettabile per tutti noi - hanno commentato i colleghi -. Perdiamo un operatore di pace, la cui vita si è contraddistinta per gesti di altruismo. Una persona mai arrabbiata, sempre allegra, a disposizione di chi aveva bisogno». Un'amica ha letto un messaggio scritto da Monica, la sorella della vittima. «Quanto la fate lunga - ha letto ripetendo un messaggio, quasi fosse scritto proprio da Massimo -. Sono morto, non sarò nel primo e nell'ultimo. Qui mi hanno dato dei colori e mi hanno detto Visto che lo sai fare, colora il mondo'. Piuttosto voi quando siete tristi chiamate mia madre e miei nipoti che vi faranno sorridere».

E prima che la bara partisse per il tempio crematorio del cimitero Monumentale, gli operatori hanno acceso le sirene di tutte le ambulanze della Croce Verde e di quelle arrivate dalla altre Croci del Torinese per dare l'ultimo saluto all'amico e collega.

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