Mentre la riforma della giustizia è ancora ostaggio delle divisioni del M5s, in commissione si ricompone l'asse giustizialista tra grillini e Pd, che blocca la richiesta del centrodestra di allargare il perimetro dell'esame del testo ad alcuni reati contro la Pubblica Amministrazione. Bocciato quindi lo scudo per i sindaci e gli amministratori locali, continuamente esposti a indagini e procedimenti giudiziari. La contraerea giallorossa parte in mattinata. Quando il presidente della Camera Roberto Fico, dei Cinque Stelle, dichiara inammissibili gli emendamenti di Forza Italia sull'allargamento della riforma anche ad alcuni reati contro la Pa, tra cui l'abuso d'ufficio. Nel pomeriggio il voto in Commissione Giustizia a Montecitorio certifica la ritrovata unità della maggioranza che sosteneva il Conte-bis. La richiesta di Fi di un ampliamento del perimetro del provvedimento sul processo penale, appoggiata da Lega e Fratelli d'Italia, viene bocciata con 25 voti contrari, 19 favorevoli e un astenuto, Maurizio Lupi di Noi con l'Italia, iscritto al gruppo Misto. Compatti Pd, M5s, Leu e Italia Viva, a cui si aggiungono alcuni iscritti al Misto, Enrico Costa di Azione-Più Europa e Martina Parisse di Coraggio Italia, che rompe l'unità del centrodestra.
Se la proposta di Fi avesse ottenuto i tre voti di Costa, Parisse e Lupi la votazione si sarebbe conclusa in parità e la richiesta non sarebbe stata approvata comunque. E però il segnale di rottura sul garantismo è arrivato ugualmente da parte del movimento del governatore ligure Giovanni Toti e del sindaco di Venezia Enrico Brugnaro. Secondo alcune indiscrezioni, sarebbe stato Toti in persona ad assicurare al premier Draghi sostegno alla riforma Cartabia, evitando una dilatazione dei tempi. La deputata azzurra Giusi Bartolozzi, contraria all'allargamento del perimetro, abbandona Forza Italia e transita nel Misto. Roberto Occhiuto, capogruppo di Fi a Montecitorio, attacca: «Oggi in commissione si è riformato l'asse giustizialista tra Pd e M5s se ne ricordino in futuro i sindaci e gli amministratori pubblici». Anche il coordinatore di Fi Antonio Tajani parla di «asse giustizialista guidato da Pd e M5s». Insiste sulla «maggioranza giustizialista» anche il capogruppo azzurro in commissione Giustizia alla Camera Pierantonio Zanettin. Alfredo Bazoli, capogruppo dem in commissione Giustizia, spiega: «L'ampliamento delle materie oggetto d'esame della commissione comprometterebbe l'approvazione della riforma entro l'estate, per questo siamo contrari». Anche Draghi punta a blindare la riforma Cartabia entro l'estate. Per questo motivo non vuole andare alla guerra sulla norma tutela-sindaci, non per una questione di merito.
Venerdì il testo della Cartabia arriverà nell'Aula della Camera per la discussione. «La Lega è fedele al testo approvato dal Consiglio dei Ministri e leale agli accordi presi», rilancia la senatrice Giulia Bongiorno, mentre la Lega in una nota fa sapere di essere «molto preoccupata per le perdite di tempo causate dai capricci di Conte e Grillo». Però prosegue la trattativa tra Draghi e il M5s per alcuni ritocchi. «È chiaro che una prospettiva di fiducia alla riforma senza alcune modifiche sarebbe per noi difficile», dice Conte in un incontro con i deputati del M5s. In realtà la mediazione sarebbe in dirittura d'arrivo. Fonti grilline confermano i passi in avanti sul no all'improcedibilità per i reati di mafia e terrorismo.
I più ottimisti ipotizzano che i pentastellati possano perdere non più di cinque parlamentari, che voterebbero no alla fiducia anche contro le direttive del gruppo. Conte, per il momento, vuole evitare lo strappo, anche se non esclude ancora di voler ricorrere a una consultazione on line.
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