La caccia è ora aperta in tutto il mondo. E segue una linea tracciata da alcuni elementi: la Maserati, la Francia, gli ultimi accessi in chat.
La misteriosa fuga di Giacomo Bozzoli - condannato all'ergastolo in via definitiva per aver ucciso a distrutto il cadavere dello zio Mario nel 2015 - si riempie di dettagli col trascorrere delle ore. E intorno al 39enne il cerchio sembra stringersi sempre più: ieri sera sono state perquisite sia la sua casa sia quella dei suoi parenti a Soiano, sul Garda. Da ieri l'uomo, sparito insieme alla compagna Antonella e al figlio di 8 anni, è ufficialmente latitante e su di lui pendono ora dei mandati di arresto internazionali. La procura della Repubblica e la procura generale hanno infatti chiesto che le ricerche di Bozzoli non siano limitate al territorio nazionale né a quello comunitario ma che siano estese anche oltre i confini Schengen. E le ricerche hanno cominciato a ricostruire gli spostamenti dell'uomo, presumibilmente proprio quando ha lasciato la sua casa nel Bresciano: alle 5,51 del 23 giugno la sua Maserati Levante viene immortalata dal portale di Manerba sul Garda, due minuti dopo compare a Desenzano, infine la targa viene registrata alle 6,03. L'ultima volta che Giacomo Bozzoli apre la chat di Whatsapp, invece, sono le 3,30 della notte tra quella domenica 23 giugno e il lunedì successivo. Poi, il nulla. Agli inquirenti il suocero del fuggitivo avrebbe riferito che la famiglia si troverebbe «in una località imprecisata della Francia». Ma non è chiaro se in questi dieci giorni ci sia stato un contatto con i familiari o se invece il piano sia stato rivelato prima della partenza, presumendo eventualmente una complicità dei parenti. Così come resta da capire se Bozzoli sia in possesso del passaporto: sembra che non gli sarebbe mai stato ritirato, ma secondo alcune fonti il documento d'espatrio sarebbe scaduto e mai rinnovato. «Se sapessi dov'è ora mio figlio, andrei a dirgli che è il momento di pensare solo alla sua famiglia, al mio nipotino» ha detto a Repubblica Adelio Bozzoli, il padre di Giacomo. Ma ha voluto anche ribadire che «hanno condannato un innocente, al termine di un processo indiziario che non può finire con una condanna a vita». Lui, fratello della vittima, quel lunedì era in tribunale a Roma per aspettare la sentenza. Ma il figlio era già lontano. E quando lunedì sera è stato chiamato dai carabinieri per sapere dove fosse Giacomo ha risposto: «Non lo so davvero. Sono nel letto, ho fatto un mezzo infarto».
Chi potrebbe avere un peso importante, se non decisivo, nella latitanza di Giacomo Bozzoli è però la compagna Antonella Colossi. Erede di galleristi d'arte, la 41enne è titolare di una galleria nel centro di Brescia. Convive con Bozzoli dal 2012 ma i due non si sono mai sposati. Nell'estate del 2015, tre mesi prima dell'omicidio di Mario, dà alla luce il loro unico figlio.
La donna ha sempre creduto nell'innocenza del compagno e al processo ha persino escluso attriti tra lui e lo zio. «In questi anni ci hanno vessato in tutti i modi possibili - disse in aula -.
C'era sempre qualcuno fuori a controllare, anche quando andavo a farmi i capelli. Ho sofferto di attacchi di panico».L'ultimo macigno della condanna al terzo grado di giudizio potrebbe essere stata allora la miccia per prendere la drastica decisione.
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