Storicamente la sinistra è sempre stata ostile a chi produce. In questa battaglia ideologica al "padrone" ha erto la ricchezza a male da demonizzare. Erano gli anni delle contastazioni. La redistribuzione dei beni era il mantra con cui lisciavano le masse "oppresse" mentre i vessilli rossi sventolavano nelle piazze piene di lavoratori in protesta. A quei lavoratori oggi la sinistra, che si è fatta sempre più radical chic e avulsa dalle esigenze degli italiani, ha voltato le spalle per abbracciare un nuovo credo. E così i commercianti, che non vogliono morire strozzati dalle chiusure imposte dal governo, sono solo "sfigatissimi" che "schiumano rabbia" in tivvù. Tutti ricconi che possiedono "appartamenti, macchinone e a volte barche mentre la maggior parte degli artisti vive con lo stretto necessario". Per loro non c'è spazio per la pietà.
C'era un tempo in cui la sinistra si batteva per i diritti dei lavoratori. Decenni fa. Da allora il mondo è cambiato. Le fabbriche hanno chiuso, i sindacati si sono svuotati e il Partito democratico, non sapendo cogliere il cambiamento in atto nel sistema Italia, si è chiuso nei salotti. Troppo concentrati a difendere i diritti degli immigrati e a battersi nelle crociate arcobaleno, i dem hanno perso di vista l'evoluzione del mercato del lavoro. Non hanno capito che i nuovi operai sono i commercianti, i ristoratori, le partite Iva. Gente che si alza al mattino all'alba per aprire la propria attività e che con il sudore della fronte lotta contro le intemperie del Fisco trecentosessantacinque giorno l'anno. Alcuni si arricchiscono, certo. Ma è una percentuale minima. Gli altri sopravvivono: pagano i debiti, mantengono la propria famiglia, fanno studiare i figli nella speranza che possano trovare un lavoro più lieve e più redditizio. In alcuni casi riescono persino a generare anche qualche posto di lavoro. Non è una vita facile. Chi la conduce ogni giorno, lo sa bene. Conosce il moloch contro cui deve lottare per sopravvivere. Nei confronti di queste persone, che le continue chiusure hanno ridotto sul lastrico, il governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha speso parole umilianti definendo "lavoretti" quelle attività che la crisi economica sta portando via senza alcuna pietà. In un secondo momento (a polemica social ormai esplosa) ha rettificato spiegando che pensava ai lavoratori "senza contratto", ma è nella definizione di "lavoretti" per "i ragazzi e le ragazze delle palestre e dei bar", per i "professionisti", per la gente che "si è inventata un lavoro" che si tocca con mano la distanza siderale che si è venuta a creare tra la classe dirigente dem e il mondo del lavoro.
Che quella di Zingaretti non sia soltanto una svista, lo dimostrano altre uscite strampalate che negli ultimi giorni hanno alimentato polemiche a non finire sui social. La scorsa settimana, quando su Twitter ci si chiedeva "come mai, nell'immaginario piddino medio (quindi anche artista), esercenti e artigiani" vengano bollati come "evasori, mentre gli artisti" debbano meritare "rispetto", Sabina Guzzanti se ne è uscita con un post carico odio: "Immagino dipenda dal fatto che buona parte dei commercianti possiede appartamenti, macchinone e a volte barche mentre la maggior parte degli artisti vive con lo stretto necessario". Non è stata da meno la stampa progressista che ha fatto di tutto per bollare come "fascista" la protesta dei ristoratori davanti a Montecitorio. "Quelli di CasaPound - ha commentato Selvaggia Lucarelli - sono lì per spiegare ai ristoratori come non pagare le bollette per anni". E cosa dire del solito Vincenzo Visco che, in una intervista rilasciata ieri al Fatto Quotidiano, ha tuonato contro la società fiaccata dal Covid e dalla crisi economica? Una società che a suo dire si è "imbastardita" perché "basta che in tv sbuchino una decina di commercianti, disperati, sfigatissimi che naturalmente schiumino rabbia"... Contro questo disordine l'unica ricetta è la patrimoniale. "Si tratta di guardare in faccia la realtà - dice - nel dopoguerra si tassarono gli extra profitti. Noi dovremmo immaginare qualcosa di simile". Non una tantum, ma "allungata nel tempo". Si chiude il cerchio: l'antipatia per le masse e l'odio per chi produce. Anziché sostenere chi fatica, la ricetta è tassarlo per mantenere chi non produce. Una ricetta devastante, insomma.
L'incapacità di questa sinistra di comprendere il Paese ha spinto l'ex elettorato rosso nelle braccia della destra e dei Cinque Stelle. I flussi delle ultime elezioni lo dimostrano chiaramente. I vertici dem, anziché comprendere le radici di questo calo, hanno acuito la distanza. Lo dimostrano le priorità sbandierate da Enrico Letta quando ha preso il posto di Zingaretti.
Tutte sbilanciate a favore degli immigrati: dallo ius soli al sodalizio con le ong per riaprire indiscriminatamente i porti. E, mentre il neo segretario piddì fa i selfie con il fondatore della Open Arms, il tessuto produttivo del Paese muore. E con esso l'Italia intera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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