La priorità di Letta: riaprire l'Italia... agli immigrati

Prima la battaglia per lo ius soli, poi l'assist all'Ong spagnola Open Arms: il segretario Pd dimentica gli italiani in ginocchio e sposa la crociata dei porti aperti

La priorità di Letta: riaprire l'Italia... agli immigrati

C'è forse una propensione inconscia al masochismo dietro la strategia politica che porta Enrico Letta a scegliere le priorità del suo Pd. Se non è l'autolesionismo a spingerlo a mettere sempre gli immigrati al primo posto, potremmo pensare che si tratti di un'insana disaffezione nei confronti dell'Italia e degli italiani. Quale che sia la causa che infiamma le nuove pulsioni dem, l'effetto è ugualmente disarmante. Mentre il governo Draghi discute (non senza difficoltà) le regole per ridare respiro a commercianti, ristoratori ed esercenti, il segretario piddì ha deciso di impiegare il proprio pomeriggio per confrontarsi con Oscar Camps. Ai più questo nome non dirà molto, ma si tratta del fondatore della Open Arms, una delle tante organizzazioni non governative battente bandiera internazionale che fanno la spola dalle coste libiche ai porti nostrani per riempirci di clandestini.

Non è la prima volta che Letta perde la bussola delle priorità del Belpaese. Appena insediato a capo del Partito democratico ci aveva tenuto a precisare che si batterà per far approvare lo ius soli. Quella della cittadinanza facile ai figli degli immigrati è un pallino della sinistra che negli ultimi anni ha abbandonato le lotte di classe degli anni Settanta, voltando le spalle a disoccupati, operai e lavoratori, per abbracciare gli stranieri che affollano le nostre città. È una scelta di campo, per carità. Ma oggi più di ieri stona con quanto sta accadendo nel nostro Paese. Eh sì che, nonostante i tentativi di farli passare tutti quanti per pericolosi fascisti, le proteste di piazza avrebbero dovuto aprirgli gli occhi. Forse, se non si fosse fermato davanti alla narrazione delle braccia tese contro Montecitorio, avrebbe intravisto disperazione, rabbia, paura. A chiedere di riaprire, perché di elemosina di Stato non si vive, sono ristoratori, baristi, negozianti, proprietari di palestre e piscine, partite Iva. La crisi economica, scatenata da scelte improvvide prese dal precedente esecutivo per contrastare l'emergenza Covid, li ha messi in ginocchio. E, finché il Paese non ripartirà, non potranno rialzarsi. Molti di loro hanno già dato forfait: saracinesca abbassata e attività fallita. Ma c'è qualcuno non si dà per vinto: chi ha messo via un po' di soldi negli anni, sta dando fondo ai propri risparmi pur di non essere sconfitto dal coronavirus. Per questi è una lotta contro il tempo. Per questi, anche un paio di settimane d'anticipo sulla tabella di marcia redatta dal Cts, possono rivelarsi fondamentali per non finire con le gambe all'aria.

È mai possibile che Letta non veda tutta questa disperazione? E, se invece la vede ed è pronto a farsene carico in parlamento, non trova sbagliata l'impronta che sta dando alla propria segreteria? Twittare "Bello scambio di idee. Tante preoccupazioni, e anche qualche elemento di speranza", dopo aver ricevuto il fondatore di Open Arms, significa spostare l'attenzione da un problema reale (i commercianti in ginocchio) a un fissa ideologica della sinistra (l'accoglienza indiscriminata degli immigrati). Non a caso Federico Palmaroli, in arte "Le frasi di Osho", è corso subito a stroncarlo rendendo virale l'hashtag #openrestaurants. Ovviamente non è stato l'unico. Per Giorgia Meloni è l'ennesima "dimostrazione di quali siano i loro interessi principali". "Incontrare i rappresentanti delle categorie in ginocchio? Ma no, per il segretario del Pd la priorità è l'incontro con il fondatore dell'Ong Open Arms". Anche Matteo Salvini, che domani sarà a processo proprio per uno (degli innumerevoli) sbarchi organizzati dagli spagnoli della Open Arms, non l'ha presa bene. "Non ho parole", si è limitato a replicare con una punta di desolazione per una sinistra che non impara mai.

Quel che più stupisce, però, non sono certo le reazioni del centrodestra (scontate), ma quelle della sinistra che subito ha tracimato entusiasmo per l'abbraccio tra Letta e Camps. "Le Ong vanno ringraziate perché hanno avuto in questi mesi il merito di salvare centinaia di vite umane nel Mediterraneo", ha sentenziato il senatore del Pd Francesco Verducci. Che poi, lanciandosi in un paragone a dir poco eccessivo, ha chiosato: "Lo stesso pensiero che deve aver avuto papa Francesco mesi fa, quando ha voluto incontrare Camps". Letta sulle orme del Santo Padre, insomma. "Non lo ricevo solo io - si è vantato lo stesso segretario piddì a Piazzapulita - normalmente quando viene a Roma va dal Papa". Un azzardo. Anche visto l'allarme lanciato nei giorni scorsi dal direttore di Frontex, Fabrice Leggeri. "Prevediamo che appena le misure restrittive anti Covid saranno allentate e si potrà quindi, circolare più facilmente - ha avvertito - una massa importante di migranti irregolari si rimetterà in viaggio per raggiungere l'Europa". Alcuni disperati si sono messi in movimento già nei mesi scorsi, ma poi sono rimasti bloccati dalle restrizioni sanitarie negli Stati del Nord Africa. Presto, però, quei movimenti verso il Nord si sbloccheranno e riprenderanno gli sbarchi. Ovviamente quelli italiani sono i punti d'attracco prediletti dalle ong.

Per questo, nonostante l'amicizia di vecchia data tra i due (quando Letta lavorava a Parigi, aveva invitato Camps in università a fare lezione), abbracciare la crociata dei porti aperti è sbagliato. È sbagliato sempre, ma oggi ancora di più.

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