Non accenna a placarsi l'alta tensione diplomatica tra occidente e Federazione russa. E anzi, ogni giorno che passa l'aspetto militare viene messo sul piatto con nuove minacce da Mosca: l'idea di far saltare il banco, se Stati Uniti e Nato non cambiano idea smettendo di fornire carri armati, droni e missili a Kiev, sembra predominante al Cremlino. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov è tranchant: «Così incoraggiano fino all'ultimo ucraino a combattere», impedendo i negoziati. «Il flusso infinito di armi è un pretesto, in realtà vogliono combattere la Russia, basta ipocrisia».
Insomma, se non si arriva a un cessate il fuoco sarebbe colpa non dell'armata rossa, ma di Usa e Nato, che per Lavrov dovrebbero «tornare in sé». «Accordi solo quando Kiev inizierà a farsi guidare dagli interessi del popolo ucraino e non da consiglieri lontani», insiste il capo-diplomazia di Mosca, spiegando che delegazioni continuano a confrontarsi. Certo, i colloqui proseguono. E il presidente Zelensky ribadisce d'esser pronto a parlare con Putin nonostante le atrocità di Bucha e Mariupol; azioni negate ancora ieri dal Cremlino, usate anzi per costruire nuovi atti d'accusa contro l'Occidente. «Hanno inscenato una sanguinosa provocazione a Bucha anche per complicare il processo negoziale», è la versione di Lavrov. Ciononostante, Zelensky sarebbe disponibile a incontrare Putin, perché in Russia «un singolo decide tutto». Lo cita la Bbc: «Se c'è una sola chance, dovremmo parlare». Ci si avvita però in un labirinto di dichiarazioni, in cui nessuno sembra avere la bussola per uscirne con un piano. Neppure il presidente francese Macron, che ieri ha rassicurato Zelensky sul sostegno di Parigi e dell'Ue promettendo un aiuto per «ripristinare sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina». Macron prolungherà anche la missione di raccolta delle prove dei crimini russi. In un'altra telefonata importante a Zelensky, quella di Boris Johnson, il premier britannico ha affermato che intende continuare a rafforzare militarmente Kiev, impegnandosi a far sì che «Putin fallisca».
Se Zelensky chiede di non allentare le sanzioni, Lavrov afferma che sono parte dei «difficili» negoziati, in cui «le delegazioni stanno discutendo una bozza di possibile trattato». Una potenziale nuova onda d'urto è all'orizzonte, preannunciata ieri dagli 007 britannici. I servizi di Sua Maestà sostengono che il 9 maggio Putin potrebbe dichiarare una guerra totale. Dalla famigerata «operazione speciale» a un'azione su larga scala. Ma davvero è possibile una mobilitazione di massa russa, se le armi spuntate delle diplomazia non troveranno una sintesi soddisfacente anche per Mosca, su cui le sanzioni cominciano a pesare? «Ci vogliono 106 secondi per distruggere Berlino, 200 per Parigi, faremmo tabula rasa e non ci sarebbero sopravvissuti», tuona il capo del partito nazionalista Rodina, Aleksey Zhuravlyov, simulando in diretta anche un attacco all'Europa. «Basterebbe un missile Sarmat e le isole britanniche non ci sarebbero più».
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