"Il Pd è fermo". Letta bocciato senza appello

I sondaggisti concordano sul fatto che i dem sono inchiodati intorno al 20%. E rischiano di perdere ancora. "Il nuovo segretario non ha costruito nulla"

Il segretario del Pd Enrico Letta
Il segretario del Pd Enrico Letta

Un partito senza una proposta politica e un leader che non incide. Sono state già frustrate le aspettative, accese inizialmente da Enrico Letta, sul rilancio del Pd. L’arrivo alla guida dei dem non ha aumentato i consensi, come certificato da tutti i sondaggi. “Letta ha acceso all'inizio degli entusiasmi, che si sono scontrati con la realtà delle posizioni politiche quotidiane”, dice a IlGiornale.it Carlo Buttaroni, numero uno di Tecnè. Così i voti restano inchiodati intorno il 20% o giù di lì, con il rischio di vedere calare addirittura le percentuali. Soprattutto se dovesse nascere un nuovo competitor, su tutti il partito di Giuseppe Conte. “Pensiamo al Pd come fosse un’azienda che vende un prodotto. Quando non c’è un aumento delle vendite, poi si rischia di vedere una flessione, anche consistente”, analizza Federico Benini, presidente di Winpoll.

I motivi dell’infinita crisi del Pd sono vari. Ma su un punto c’è una convergenza: manca un’identità precisa, una proposta ben definita. “Letta non ha costruito un progetto, una visione sul futuro al Pd. Il consenso è rimasto fermo. È cambiato il segretario ma non ha cambiato nulla”, dice Antonio Noto, di Noto Sondaggi, a IlGiornale.it. “Il problema - aggiunge - non è tanto chi sta al comando, ma quale identità riesce a dare il segretario. C’è stato l’avvicendamento tra Zingaretti e Letta e un successivo riposizionamento. Letta ha iniziato a proporre tematiche più di sinistra, penso allo Ius soli. Probabilmente voleva coprire e rassicurare l'elettorato più di sinistra, vista la sua estrazione centrista. Poi ha rinunciato anche a questo”.

Gli affanni della sinistra in Europa

La questione è comunque più ampia, di respiro internazionale. Le sinistre, ovunque in Occidente, non intercettano più i voti, perché non riescono a fornire adeguate risposte ai cittadini. Spiega Buttaroni: “I progressisti soffrono da anni. Non sono più capaci di offrire un modello adeguato per la società contemporanea. Quel campo politico, non solo in Italia, è in affanno. Basti pensare alla crisi della sinistra in Francia, in Germania e nel Regno Unito. E per certi versi anche negli Stati Uniti, dove l’elezione di Biden non ha risolto tutti i problemi”. Insomma, prosegue Buttaroni, “il mondo è molto cambiato e non è stato elaborato un pensiero progressista adatto ai tempi. Certo, c’è poi una questione più legata al Pd, su cui anche Zingaretti si è infranto”.

Federico Benini, presidente di Winpoll, riporta la sua diretta esperienza: “In un sondaggio di qualche mese fa, abbiamo notato che per la maggioranza degli elettori del Pd, il 44%, manca una proposta politica chiara”. “Facendo un raffronto con altri soggetti politici - ragiona Benini - quando uno pensa alla Lega, sa che propone una politica di stop all’immigrazione. Chi ha votato i Stelle alle Politiche sapeva che si sarebbero battuti contro la Casta e avrebbero istituito il Reddito di cittadinanza. Chi sceglie Forza Italia sa che vuole abbassare le tasse”. Con il Pd il discorso non funziona: non si sa cosa vuole mettere in campo. “Davvero si limita al ddl Zan?”, incalza Benini. Buttaroni sottolinea su un aspetto: “Sembra che nel Pd si tenti di mettere i problemi sotto il tappeto, estremizzando certe posizioni. Penso al ddl Zan: appare un eccesso sulla presa di posizione”. Dunque, ragiona l’esperto, il Pd è “un partito che non ha una crisi solo di leadership, ma anche di organizzazione e di relazione. È una crisi di pensiero, che si è trasformata in una sfida di fazioni”.

La mancanza di un'identità

Per uscire dal tunnel occorre un cambio di registro. “Nel Pd non c’è un tema capace di definite l’identità - dice Noto - in termini di marketing politico si deve costruire un tema forte, di livello A, che sia più trasversale, e altri temi di livello B, magari più ideologici”. Invece niente, manca tutto questo. Per Noto “anche sul ddl Zan, non c’è davvero il partito in prima linea. C’è più una spinta degli attivisti e dello stesso Zan. Ma anche in questo caso non si ascoltano le parole d’ordine per raccontarlo, spiegarlo e renderlo attraente. Non c’è stata una vera campagna di mobilitazione. Sembra un chiodo messo lì”.

A chiudere il cerchio, sui dem e su Letta grava l’incertezza delle alleanze. Su questo è tranchant il giudizio di Buttaroni: “Il rapporto con il Movimento 5 Stelle non è quello di una coppia litigiosa. Perché non si capisce nemmeno se stanno insieme”.

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