L'Europa si gioca tutto ma il pacchetto di aiuti rischia di arrivare tardi

Dopodomani il vertice dei capi di governo. La Ue al bivio tra Mes e Recovery bond

L'Europa si gioca tutto ma il pacchetto di aiuti rischia di arrivare tardi

Dopodomani ce lo diranno. Ci diranno davvero che faccia ha l'Europa. L'appuntamento è per giovedì in videoconferenza. Ognuno in diretta da casa sua. È un po' lo specchio e la paura di questo grande condominio chiamato Ue. È il vertice dei capi di Stato e di governo. Questa volta, dicono, si definisce come affrontare la crisi economica spaventosa che c'è all'orizzonte. È il piano di salvataggio dopo la pandemia.

Il tempo è poco. Se ne è perso tanto per trovare un punto di partenza. Sul tavolo alla fine ci sarebbero quattro strumenti per rendere il futuro meno duro. Il primo punta a sostenere e rimettere in piedi la sanità: ospedali, cura, ricerca e tutto quello che ci gira intorno. È il Mes, il meccanismo europeo di stabilità, quello che un tempo si chiamava fondo salva Stati. Non è più lo stesso. Non dovrebbe essere quello che fa paura e evoca subito la Grecia. È mirato e senza condizione. Gli scettici, contrari, dicono: per ora. È stato il fronte della discordia tra il Nord e il Sud dell'Europa. Germania e Olanda da una parte, Italia e Spagna dall'altra, la Francia in mezzo. Roma non ha ancora detto sì. Conte perlomeno assicura che non ha preso accordi senza passare dal Parlamento. C'è chi, come Salvini, non gli crede. Per le casse italiane vale 37 miliardi. Di certo ci servono, il dubbio è sul prezzo. È davvero un'ipoteca con collare da strozzo? È una delle cose che dovrebbero diventare un po' più chiare giovedì. Forse. Forse no.

L'altra scommessa sono i «recovery bond». È il fondo garantito direttamente dal bilancio dell'Unione europea. La speranza è che sia una sorta di piano Marshall per far tornare a volare le imprese, soprattutto quelle che hanno un'importanza strategica e che sono i pilastri su cui sostenere il resto, dall'indotto a tutte le economie di rete. Si parla di almeno 540 miliardi totali. Il punto da capire è se però si tratta di soldi disponibili a breve o tra un anno. Non sembrano di pronta consegna. Poi ci sono gli aiuti destinati soprattutto alle piccole e medie imprese. È il Bei e ci sono finanziamenti per 200 miliardi. Il quarto è il Sure, una sorta di cassa integrazione europea per aiutare lavoratori e famiglie. Tutto questo si associa al lavoro, da primo soccorso pesante, che sta facendo la Banca centrale europea. È il «cannone» da mille e passa miliardi sparato dalla Bce per tenere a basa gli speculatori finanziari. Acquisto di titoli di Stato. Proteggere l'assalto al debito pubblico di chi scommette sul fallimento. L'Italia è nel mirino.

In ballo ci sono la ricostruzione dell'Europa e la sopravvivenza della Ue. O si vince o si muore. Non ci saranno altre possibilità. L'attesa è quindi tanta. Forse troppa. Il timore, quasi un sospetto, è che giovedì non arrivino risposte chiare e precise. Sarebbe, in questo caso, la vittoria della paura, della sfiducia e di quello spirito burocratico dei governi, ancor più se soci di un Super Stato, per cui dire troppo è sempre un'insidia.

Ursula von der Leyen, presidente della commissione europea, fino a pochi giorni fa metteva le mani avanti: si parlerà di idee, non ancora di

numeri. Poi, per tranquillizzare, ha detto che si arriverà a un piano finanziario pluriennale. Il guaio è che l'Europa si sta giocando tutto e di tempo non ce n'è.

Il 23 aprile non può non essere il giorno delle risposte.

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