Il vitalizio non può essere ridotto. Nemmeno se lo si chiede. Armando Foschi, 86enne ex direttore generale dell'Enit che per sedici anni ha seduto a Palazzo Madama per la Democrazia cristiana, lotta da anni per farsi ridimensionare il compenso previsto dalla legge. Ha proposto un taglio del 20%. "Non ho detto di non volere il vitalizio - ha spiegato al Corriere Romagna - dico solo che c'è da vergognarsi a girare per strada con il dramma sociale causato dalla crisi di oggi".
Oltre alla pensione che porta a casa per aver lavorato come sindacalista e aver guidato un ente di formazione professionale, Foschi incassa un vitalizio da 6.013 euro al mese a cui devono essere tolti la ritenuta per l'assistenza sanitaria e la quota per l'associazione parlamentare. Si scende appunto a 5.233 euro al mese per essere stato senatore per cinque legislature, dal 1979 al 1994. Nel 1991, quando il governo aveva deciso di aumentare le indennità di circa un milione e mezzo di lire per compararle a quelle dei giudici di Cassazione, aveva protestato pubblicamente. Ma invano. Nel 2012, poi, era tornato alla carica chiedendo all'allora presidente del Senato Renato Schifani di ridurgli il vitalizio del 20%. "Sono convinto - gli aveva scritto - che sia doveroso uno scatto di generosità collettiva verso il Paese". Ma niente da fare.
"Caro onorevole - aveva risposto Schifani - desidero comunicarle che, pur meritando essa massimo apprezzamento per la sensibilità dimostrata, non è possibile allo stato, adottare ulteriori interventi sulla misura e sulle modalità di erogazione degli assegni vitalizi".Foschi deve arrendersi. È impossibile ridurre il vitalizio. "Non mi resta che la beneficenza - conclude l'ex diccì - perché lo Stato, indietro, i miei soldi non li vuole".
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