Professor Guido Rasi, già direttore di Ema e profondo conoscitore del Covid, dal 10 marzo potremo toglierci le mascherine al cinema per mangiare i pop corn. Che ne pensa?
«I tempi sono ragionevolmente maturi per alleggerire i divieti. Il decremento dei contagi è veloce ed è giusto sollevare progressivamente tutte le misure restrittive. Tra qualche settimana molte non avranno più una logica».
Perché tra qualche settimana?
«Dobbiamo prima svuotare gli ospedali. Abbiamo ancora mille persone in terapia intensiva e 14mila ricoverati per Covid, di cui il 70% non è vaccinato. Ogni singola prima dose va nella direzione giusta: avere 7-8 mila posti letto evitabili è poco accettabile quando ci sono milioni di malati che ancora non si posso ricoverare».
Però all'estero sono allentate tutte le restrizioni e hanno meno vaccinati di noi.
«Sicuramente l'Italia è in una condizione migliore di altri, è il momento di approfittare dell'ottima campagna vaccinale. Oltre al 91% della popolazione immunizzata over 12, vanno aggiunti almeno 7 milioni di italiani che si sono infettati con Omicron e sono immunizzati: i due eventi ci mettono nella condizione, in una o due settimane, di sollevare moltissime misure».
Eppure ci sono tanti catastrofisti che ancora caldeggiano l'uso delle mascherine.
«La mascherina, come barriera fisica, mantiene una grossa importanza nei trasporti e nei luoghi di assembramento. Gli italiani hanno buon senso e sanno bene dove usarla e dove no».
Però gli studenti sono obbligati a indossarla ancora per sei ore ogni giorno.
«Visto che c'è stata una massiva circolazione dei virus tra i giovani bisogna valutare seriamente se è ancora opportuno l'obbligo in classe. È indubbio che lì crea disagio soprattutto con la bella stagione e come barriera diventa meno indispensabile. Se i numeri continuano a calare così velocemente da metà marzo è ragionevole pensare di farla togliere a lezione».
L'obbligo vaccinale è diventato motivo di scontro. C'è di dice di eliminarlo con la fine dell'emergenza, altri vogliono mantenerlo fino a metà giugno. Però i No Vax resistono.
«Non ci stupisce la bassa adesione. Se l'obbligo fosse stato introdotto tre o quattro mesi fa sarebbe stato fondamentale. Ora non convincerà la componente della popolazione contraria al vaccino per ideologia. Siamo dinnanzi a uno zoccolo duro, per fortuna minoritario, che sta già beneficiando della situazione positiva creata da chi ha fatto il proprio dovere di cittadino».
E come vanno gestiti quelli che vanno a rimorchio?
«Speriamo che Omicron non circoli più, anche se questa gente poco responsabile dovrà solo ringraziare i milioni di italiani vaccinati».
L'obbligo va tenuto a oltranza comunque?
«Io credo che fino al 10-15 marzo, finché non si svuotano i reparti, ogni vaccino fatto contribuisce a una riduzione del rischio di circolazione del virus. Ma se il virus non circolasse più non ha senso tenere l'obbligo del green pass, anche per gli over 50. Va archiviato sperando che non ce ne sia più bisogno».
Quando entreremo in una fase endemica?
«Quando saremo sicuri che non arriveranno altre varianti. Siamo speranzosi, ma sicuri no».
Faremo tutti la quarta dose?
«Non c'è nessuna fretta. Abbiamo quattro-sei mesi per decidere. In estate sarà più chiaro se servirà un richiamo annuale per tutti o per alcune categorie a rischio e con quale vaccino. Ci proteggerà dalla malattia ma non dall'infezione, cercare di frenare il contagio è un lavoro inutile per questo tipo di virus».
Quindi servirà ancora proteggersi?
«Certamente. Fin da ora dobbiamo investire in misure strutturali, interventi non farmacologici.
Bisogna adottare varie soluzioni per rendere gli ambienti salubri, adottare sistemi di ventilazione in ogni scuola. La prossima pandemia o l'eventuale nuova ondata, non dovrà trovarci impreparati e non dovrà bloccare l'economia e la vita sociale».
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