«Si tratta di modalità che non possono essere accettate e bisogna trovare tutti gli elementi per scongiurarle». Così il ministro del Lavoro Andrea Orlando (nel tondo) ha commentato il licenziamento via mail dei 422 dipendenti della Gkn di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze che sono in assemblea permanente assieme ai sindacati dinanzi alla fabbrica ormai chiusa. «Non ho mai nascosto le mie preoccupazioni davanti allo sblocco dei licenziamenti, ma ci troviamo di fronte a un caso particolare», ha precisato l'esponente piddino. «Sono in contatto con il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, e gli ho confermato che il ministero dello Sviluppo supporta la gestione della vertenza», ha commentato la viceministra Alessandra Todde che ha la delega alle crisi praticamente anticipando che sarà aperto un tavolo a Via Veneto. «Licenziare dei dipendenti inviando delle email è un comportamento assolutamente non accettabile e non rispettoso di 422 famiglie fiorentine», ha aggiunto.
«Se questo è l'andazzo dobbiamo rivedere la norma», ha commentato il segretario del Pd, Enrico Letta, riferendosi allo sblocco dei licenziamenti contenuto nel decreto Lavoro. In questo modo, però, l'ex premier ha aumentato il pressing su un ministro del proprio partito: Andrea Orlando. «Dopo quello che è successo in Brianza (i 152 licenziamenti alla Gianetti Ruote di Monza, ndr) ho incontrato i lavoratori e ho chiesto al governo di aprire immediatamente un tavolo per ribaltare la situazione», ha proseguito Letta affermando che «la stessa cosa deve avvenire anche a Firenze». Orlando, così, si è trovato sotto il tiro del «fuoco amico» sullo sblocco dei licenziamenti. Perché anche il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha sottolineato che «quello che sta succedendo in alcune aziende, come in Brianza, è una logica da Far West: chiediamo il ritiro della procedura e chiediamo al governo e ai ministri di convocare le imprese a Roma perché sono fuori dall'accordo che abbiamo firmato». Un invito - formulato anche dalla Cisl - al rispetto dell'avviso comune, firmato da parti datoriali e sindacati, che impegna le aziende a sfruttare tutta la cassa-Covid prima di tagliare il personale.
Queste vicende potrebbero incidere negativamente sulla definizione di una riforma degli ammortizzatori sociali che Confindustria ha già definito troppo costosa. Al di là dell'intempestività della decisione di Gkn, nella lettera inviata ai dipendenti toscani c'è in nuce il cuore del problema-lavoro che il governo non ha ancora affrontato. La società, che produce componenti per auto, ha denunciato «una continua decrescita dei prezzi di circa il 3% ogni anno», che causa in Italia un «totale disequilibrio tra costo di produzione e valore di vendita», a fronte dell'onerosità del rispetto dei vincoli ambientali e trend di fatturato che si collocano a -48% rispetto ai livelli pre-Covid del 2019. In una parola: Gkn preferisce delocalizzare in Paesi con un costo del lavoro inferiore e nei quali, forse, il rispetto delle normative green non è tassativo.
Uno dei pochi dati macroeconomici che in queste settimane non è stato passato sotto scrutinio è quello relativo al costo del lavoro medio orario che nel nostro Paese l'anno scorso si è attestato a 29,1 euro, all'undicesimo posto della graduatoria Ue e lievemente al di sopra della media di 28,2 euro. Ma il dato meno confortante è l'incidenza della pressione fiscale sul costo del lavoro stesso che vede l'Italia terza dietro Svezia e Francia con il 28,9% costituito da contributi e tasse.
Il governo Draghi, nell'ambito del ddl di riforma fiscale, dovrebbe partire anche da queste cifre in quanto le politiche attive per il lavoro potrebbero rivelarsi inefficaci se non si creano le condizioni adeguate per la creazione di nuove opportunità.
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