Il linciaggio continua

Quando i nemici di Berlusconi non hanno più tribunali degli uomini a cui appellarsi, e sfogare così il loro odio politico, si rivolgono al cielo

Il linciaggio continua

I processi non finiscono mai. Quando i nemici di Berlusconi non hanno più tribunali degli uomini a cui appellarsi, e sfogare così il loro odio politico, si rivolgono al cielo. La vera giustizia, sbraitano, non è di questa terra. È metafisica. È ultraterrena. Va oltre le leggi e i giudici. È la giustizia dei pubblici ministeri con i capelli rossi. È la giustizia dei moralisti. Per questo particolare tipo di giustizia non servono le prove. Non c'è certezza del diritto. Non c'è presunzione d'innocenza. Non ci sono dubbi. Bastano un dito puntato e una campagna stampa a colpi di intercettazioni. Se poi sotto accusa c'è il leader di Forza Italia, perfino la frase solita delle «sentenze vanno rispettate» non vale più. La sintesi di tutto questo è l'ormai famoso titolo di Repubblica «La Cassazione salva Berlusconi». Non c'è però solo il quotidiano di De Benedetti a sparare condanne senza processo e senza appello.

La sentenza dell'Alta corte non basta al giornale dei vescovi italiani. Se Dio perdona, l'Avvenire non ha lo stesso sentimento garantista. Assoluzione sul caso Ruby? Resta la condanna morale. L'atteggiamento è di chi è sceso in terra per giudicare i vivi e i morti. A metterci il sigillo arriva poi il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino: « Avvenire ha preso una posizione coraggiosa che va sostenuta e confermata». Ora, a uno spirito laico verrebbe voglia di ricordare ai vescovi italiani il pulpito da cui arriva la predica, perché di peccati nei seminari ne sono stati nascosti molti, e di condanne morali ne servirebbero ancora tante nella storia, anche recente, del clero. Ma noi siamo più tolleranti del quotidiano dei vescovi.

In questa storia di lettere scarlatte non può mancare qualche toga indignata. È il giudice Enrico Tranfa, presidente della Corte d'appello che si dimise dopo aver depositato le motivazioni del verdetto con cui Silvio Berlusconi veniva prosciolto. Anche per lui la sentenza della Corte di cassazione non vale l'innocenza piena, senza se e senza ma. Il suo ragionamento è che un po' di colpevolezza deve restare comunque.

«Dicevano gli antichi che una sentenza definitiva non è quella più giusta, ma semplicemente un punto fermo su una vicenda. Questo fa la Cassazione, non vuol dire che sia condivisibile». La sentenza dei professionisti del moralismo se ne frega della Cassazione. Berlusconi è colpevole a prescindere. Perché? Perché lo dicono loro.

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