Lobby nera, archiviati ma "sospettati"

Il paradosso: per il pm nessuna prova di finanziamenti illeciti, forse "un progetto futuro"

Lobby nera, archiviati ma "sospettati"
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Non ci sono prove di reato, ma... E quel «ma» viene argomentato a lungo. Nell'atto con cui la Procura di Milano chiede (e due giorni fa ottiene dal gip) l'archiviazione dell'inchiesta sulla presunta «lobby nera» che ha coinvolto tra gli altri l'europarlamentare di Fdi Carlo Fidanza si ammette che dalle indagini non è emerso alcunché. Zero. I reati ipotizzati erano finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio. E però... i «sospetti», ampiamente descritti, restano.

Si parte dal punto chiave, i conti correnti delle persone coinvolte, scandagliati dagli investigatori alla ricerca di denaro in nero destinato alla campagna elettorale di alcuni candidati di Fdi e Lega alle Comunali dell'ottobre 2021. Risultato: «Dalle movimentazioni dei conti analizzati non sono emersi elementi rilevanti ai fini dell'indagine». Basterebbe questo a chiudere il discorso. Tuttavia ci sono altre considerazioni. Ad esempio, «in relazione alla carta Postepay Evolution» numero..., di una associazione e nella disponibilità di Roberto Jonghi Lavarini (uno degli indagati archiviati) sono emersi alcuni bonifici in entrata, «nel periodo coincidente con l'attività di campagna elettorale» del giugno-settembre 2021. Dall'Agenzia delle entrate non risultano le relative fatture. E dopo i bonifici Jonghi Lavarini fa alcuni prelievi. Ci sono tutti gli indizi di qualcosa di torbido, si intuisce. Tuttavia, si ammette, «non sono emersi chiari collegamenti - al di là del mero dato temporale - con il finanziamento delle campagne elettorali», in quanto non si è potuto risalire «alla destinazione di tale denaro contante prelevato». Sulla stessa falsariga: «Ulteriore movimento di possibile interesse - ma come vedremo non idoneo a ritenere sussistente alcun reato - è il bonifico» eccetera eccetera.

Poi ci sono i documenti e i dispositivi sequestrati. «La verifica del contenuto degli apparati informatici sequestrati» agli indagati «non ha fatto emergere alcun elemento rilevante ai fini delle indagini per i fatti oggetto del presente procedimento». Sono stati trovati solo «alcune conversazioni o file, relativi a temi di militanza politica e ideologica». Però, ipotizza la Procura, non è detto che in quei telefonini non ci fosse alcuna prova utile. Infatti «è apparsa verosimile una cancellazione di messaggi in seguito alla diffusione della notizia» nella trasmissione Piazzapulita».

I tre «accadimenti potenzialmente rilevanti» per l'accusa, vengono descritti «nel dettaglio». Fra questi, il ritiro, effettivamente avvenuto, da parte di una degli indagati archiviati, di una valigia-esca preparata da un cronista che avrebbe dovuto contenere i contanti per i politici. Il pm fa molti riferimenti ai video girati dal giornalista di Fanpage infiltrato, da cui è partita l'indagine penale. E scrive: «Va sin da ora premesso che le affermazioni - contenute nel materiale video e audio - di Roberto Jonghi Lavarini e di Carlo Fidanza sull'esistenza di un sistema di lavatrici in grado di ripulire il denaro in contanti consegnato per finanziare in nero le campagne elettorali non hanno trovato adeguato riscontro. Dall'analisi dei movimenti bancari dei conti correnti riconducibili al commercialista Mauro Rotunno (considerato dagli inquirenti la figura chiave di tutta l'operazione, ndr) non sono emersi elementi di interesse investigativo: non vi sono operazioni sospette, che possano far pensare a denaro destinato ai conti delle campagne elettorali». Niente di niente anche nei dispositivi elettronici del commercialista. Conclude la Procura, nel chiedere appunto la chiusura del caso: le ipotesi di reato sono «insussistenti». Certo, si aggiunge, sono emersi «elementi che inducono il sospetto del ricorso a finanziamenti illeciti». Tuttavia i fatti a puntellare il sospetto mancano. E però, per l'accusa, non tutto è perduto.

I soldi in nero alla destra? Sembrerebbe «trattarsi di un progetto futuro rimasto ancora in fase iniziale nel momento in cui sono subentrate le indagini penali» (anche se i pm sono i primi ad ammettere che al momento dell'inchiesta la campagna elettorale era nel pieno...).

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