Una delle più grandi attrici italiane, Gina Lollobrigida, è stata vittima di circonvenzione messa in atto dal suo giovane factotum. Il tribunale monocratico di Roma ha condannato a tre anni di carcere, Andrea Piazzolla. Recepito di fatto l'impianto accusatorio della Procura, che aveva sollecitato una condanna ben più alta, a 7 anni e mezzo, per l'imputato accusato di aver sottratto, tra il 2013 e il 2018, beni al patrimonio dell'attrice morta a 90 anni il 16 gennaio scorso. Il giudice ha disposto, inoltre, una provvisionale immediatamente esecutiva di 500mila euro in favore delle parti civili e il dissequestro di alcuni beni tra cui la famosa villa sull'Appia Antica, storica dimora dell'attrice.
Al momento della lettura della sentenza il figlio della Lollo, Milko Skofic non ha nascosto la sua emozione. «È una sentenza che riequilibria le cose, che fa giustizia, ma il dolore resta per una vicenda amara che non doveva proprio succedere. Sono arrivato psicologicamente svuotato e rimpiango tutto il tempo che ho perso e il fatto che non potuto stare accanto a mia madre», ha detto ai cronisti lasciando la cittadella giudiziaria di piazzale Clodio. Piazzolla ha sempre respinto ogni accusa, anche ieri nelle dichiarazioni spontanee prima della sentenza: «Credo di essere stato l'unico ad essersi preso cura di Gina Lollobrigida e continuo a farlo. Non ho mai visto a Subiaco (dove l'attrice è sepolta, ndr) il figlio, il nipote o il presunto marito».
Il pm Eleonora Fini aveva ricostruito la vicenda nel corso della requisitoria, spiegando che l'attrice fose stata tenuta negli ultimi anni della sua vita «in isolamento, in uno stato di vulnerabilità», di fatto in uno «stato di fragilità». Tutti i consulenti chiamati ad esprimersi sono stati concordi sul fatto che l'attrice ha avuto «un indebolimento della capacità di intendere e autodeterminarsi e di decidere autonomamente con una parziale deficienza psichica». Approfittando di questa situazione, negli anni finiti sotto la lente degli investigatori, Piazzolla ha messo in atto una sistematica spoliazione di beni dal patrimonio della Lollobrigida. L'indagine era partita da un esposto presentato dal figlio della diva, che dal 2021 aveva un amministratore di sostegno nominato dal Tribunale per tutelare il suo patrimonio. Il collaboratore personale dell'artista avrebbe sottratto complessivamente diversi milioni di euro e beni, tra cui quadri e cimeli. Agli atti del processo anche i due testamenti olografi. Per i legali di parte civile da una serie di documenti emerge che tra appartamenti, gioielli e conti correnti, per un valore di oltre 10 milioni di euro, non sia rimasto quasi più nulla nell'asse ereditario della Lollobrigida.
Il nome di Piazzolla compare anche in un altro procedimento che lo vede accusato di avere sottratto alla donna un'auto di lusso e in un terzo processo legato alla vendita di opere d'arte presenti all'interno della villa sull'Appia.
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