Se è vero che, soprattutto la scorsa estate, i giovani sono stati il principale veicolo di contagio, è altrettanto vero che gli anziani sono stati le vittime prevalenti. L'età media dei deceduti del Covid in Italia è 80 anni, dopo che in estate era salita fino ad arrivare a 85 anni (la prima settimana di luglio) per poi tornare a calare. Lo rileva l'Istituto Superiore di Sanità nel suo report periodico sulle caratteristiche dei pazienti morti durante la pandemia. Quasi tutti, il 97%, con almeno una patologia pregressa: complessivamente, riferisce l'Iss, 180 pazienti (3,1% del campione) non presentavano altre patologie, 712 (12,4%) una patologia, 1.060 (18,5%) due patologie e 3.774 (65,9%) presentavano tre o più patologie. Molto spesso si è trattato di persone con una malattia cronica, diabete, disfunzione renale o problemi cardiaci.
Altro dato interessante che emerge da una prima analisi a posteriori dei dati è la situazione in Lombardia. Complessivamente, quattro decessi su dieci (39,9%) si sono verificati in Lombardia, ma la diversa distribuzione territoriale in questa seconda ondata ha cambiato le proporzioni: da marzo a maggio in Lombardia si registravano il 47,6% delle morti, quasi la metà del totale, per scendere al 32,3% nel periodo giugno-settembre e al 27% tra ottobre e dicembre. Con una discrepanza finora mai ufficializzata tra la prima ondata e la seconda. A cambiare la percentuale anche il numero dei decessi all'interno delle Rsa, travolte dall'emergenza nella prima fase della pandemia e più preparate a contenere lo tsunami delle morti durante la seconda ondata «autunnale».
In calo rispetto al dato generale anche il Piemonte, che aveva l'11,9% dei decessi nella prima fase, per poi calare al 9,2% in estate e al 6,7% nella seconda ondata. Anche i dati dei decessi confermano che il virus è piano piano migrato al Sud, dove era stato più soft durante la scorsa primavera e più dilagante negli ultimi mesi.
Le regioni del centro sud hanno visto incrementare il loro contributo alle vittime totali: il Lazio è passato dal 2,4% della prima ondata al 7,9% della seconda, la Toscana dal 3% al 6,4. Peggio la Sicilia, passata dallo 0,9% al 6,2% del totale, e la Campania, dall,1,4% all'8,3%. «La popolazione che decede in Italia per Covid-19 - tira le somme il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro - ha oltre gli 80 anni e il dato rimane stabile nel tempo, settimana dopo settimana. La quota di patologia severa o critica rimane costante». E fra i pazienti ricoverati «in terapia intensiva l'età è sempre in un range intorno ai 70 anni», con più uomini ricoverati che donne. Anche alla luce di questi dati, ha senso che il piano vaccini cominci con la somministrazione delle dosi dagli anziani, i più esposti. Tra i primi a ricevere la doppia fiala saranno i 570mila ospiti delle Rsa, per poi proseguire con i 4,4 milioni di 80enni. In questo modo verranno progressivamente ridotti i ricoveri in terapia intensiva e, in un secondo momento, i numeri dei deceduti. C'è un'unica incognita da chiarire: i dati sulla sperimentazione dei vaccini devono confermare l'efficacia sulla popolazione ultra anziana e non solo sui giovani. In altre parole, bisogna capire se nei gruppi di pazienti per la sperimentazione è stato arruolato un numero significativo di anziani.
Questo dato, che potrebbe anche variare l'indice di affidabilità del vaccino, sarà chiaro solo quando le case farmaceutiche renderanno pubblici i dati e i metodi di lavoro (a giorni) e quando l'Ema si pronuncerà sull'affidabilità delle dosi.
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