Lo chiamavano «il pacificatore», per l'impegno a favore degli ultimi: poveri, immigrati e vittime di violenza armata. Ma è proprio a causa delle armi che è morto ieri uno dei vescovi ausiliari di Los Angeles, David O'Connell, 69 anni, ucciso durante una sparatoria nella città californiana che l'anno scorso ha visto il numero di omicidi raggiungere il secondo record più alto degli ultimi dieci anni, 382.
Il corpo di O'Connell è stato trovato senza vita, in pieno giorno, alle 13, in un edificio di Hacienda Heights, nella contea di Los Angeles. Il Dipartimento dello sceriffo non ha fornito altri dettagli sull'omicidio né su un possibile movente, anche perché O'Connell, originario della Repubblica d'Irlanda, nato nella contea di Cork, si era guadagnato la stima della comunità locale, dove da circa mezzo secolo svolgeva il ruolo di prete cattolico prima e di vescovo poi, incarico che aveva assunto nel 2015.
«È uno shock e non ho parole per esprimere la mia tristezza. Come sacerdote e poi vescovo qui a Los Angeles per 45 anni, il vescovo Dave era un uomo di profonda preghiera che aveva un grande amore per la Madonna», ha detto in una nota l'arcivescovo José H. Gómez. «Era un operatore di pace con un cuore per i poveri e gli immigrati, e aveva una passione per la costruzione di una comunità in cui la santità e la dignità di ogni vita umana fosse onorata e protetta», ha spiegato ancora Gómez. «Era anche un buon amico e mi mancherà molto. So che mancherà a tutti».
A guadagnarsi la stima dei fedeli della contea di Los Angeles era stato il contatto con migliaia di famiglie e la supervisione di due asili. Ma fu nel '92 che il ruolo di O'Connell diventò decisivo, come intermediario per recuperare la fiducia tra le forze dell'ordine e la comunità locale, dopo le rivolte scoppiate in seguito all'assoluzione degli agenti di polizia che avevano picchiato selvaggiamente l'afroamericano Rodney King.
Quello del vescovo è solo l'ultimo di una serie di delitti nell'area. L'anno scorso la sola città di Los Angeles è stata teatro di 382 omicidi, con un record di 44 solamente tra luglio e agosto. Il dato, tuttavia, ha una doppia lettura. Da una parte si tratta del secondo numero più alto degli ultimi 15 anni (il record nel 2021, con 397 omicidi). D'altro canto, invece, è fra i pochi preoccupanti visto che dal 2012 al 2019 il numero delle vittime è rimasto sempre al di sotto di quota 300. Come in molte aree metropolitane, dopo l'impennata all'inizio della pandemia, la violenza sembra si vada ridimensionando. È stato per esempio così a New York, dove nel 2021 si sono registrati 485 omicidi mentre l'anno scorso il totale è sceso a 434.
La California è uno degli Stati con le norme più restrittive in tema di detenzione di armi da fuoco e questo contribuisce a renderlo uno degli Stati con i tassi più bassi di morte per armi da fuoco, con 8,5 morti per 100.000 persone, circa il 37% in meno rispetto alla media nazionale, secondo i dati dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie. Eppure questo non ferma la violenza e le sparatorie di massa, che restano il vero problema degli Stati Uniti, anche perché acquistare un'arma anche qui resta relativamente facile. A fine gennaio si sono registrate tre sparatorie di massa in meno di tre giorni.
Ed è stato proprio dopo l'ennesima scia di sangue in California, culminata nella 38esima sparatoria da inizio anno negli Stati Uniti, che il presidente Joe Biden ha lanciato l'ultimo appello al Congresso perché approvi il divieto di armi d'assalto.
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