Vò Euganeo (Padova) Il vigile piantonato davanti all'ospedale di Schiavonia, nel Padovano, non accenna nemmeno un sorriso. Sta bardato con la mascherina e rimane immobile. «È qui l'ospedale da campo?» chiediamo. Ma lui non accenna nemmeno una risposta, da sotto la maschera mugugna qualcosa e con la mano ci fa segno di proseguire dritto.
L'ospedale da campo con 96 posti letto è qui dietro. Alcune tende le stanno sistemando ora. È sabato pomeriggio. E il presidio è blindato. Polizia, carabinieri, tutti piantonati davanti all'ospedale, con addosso le mascherine, circondati dal filo bianco e rosso che delimita il cortile. Ci inoltriamo nel retro. I primi dipendenti stanno uscendo. «Fanno uscire quelli risultati negativi ai test» ci dice un uomo in divisa. La tensione è alta. Fino a poche ore prima erano chiusi dentro l'ospedale dove hanno passato la notte. «È un incubo. Mia moglie lavora in ospedale a Schiavonia. Ci sono tutti i dipendenti chiusi dentro» ci aveva detto un uomo; «non fanno più uscire nessuno» ci avevano detto altri. Al tampone per verificare un eventuale contagio infatti sono stata sottoposte 450 persone, di cui 300 tra pazienti e frequentatori occasionali dell'ospedale, quindi 150 dipendenti. Ma anche tutto il personale che non si trovava venerdì in ospedale sarà sottoposto al test. I dipendenti sono in tutto 600.
Un uomo delle forze dell'ordine racconta di come abbia passato tutta la notte a svuotare l'ospedale. «Come in un film». Hanno evacuato pure le salme.
Da Schiavonia a Vò Euganeo - il paese dove abitava Adriano Trevisan, la prima vittima italiana del Coronavirus - ci sono ventotto minuti. Saliamo in auto. Ci addentriamo dentro le strade scoscese dei Colli Euganei e andiamo. Un paese immerso nelle colline, di appena tremila abitanti, dove per scendere ci sono anche i tornanti. Lungo la strada qualche trattore, ma appena entriamo già nella zona limitrofa del cuore del paese, fa paura. Spettrale. Attorno non c'è anima viva. Persino la pompa del distributore di benzina, illuminata con la notte che scende, sembra una di quelle abbandonate dei film americani. Solo i due alimentari sono aperti, per consentire alle persone di comprare le provviste. «Non uscite dal paese» ha ordinato il sindaco Giuliano Martini, che quando lo sentiamo è preoccupato e stremato da questa improvvisa emergenza. Perché ora il focolaio è proprio qui, in questa piazza deserta, luci spente, chiusi negozi, bar, ristoranti, pizzerie, anche la concessionaria di auto ha chiuso le porte. Dei dodici contagiati (tra cui il deceduto) gli altri dieci sonoinfatti tutti di Vò, questo piccolo fazzoletto di terra sospeso tra i colli subito prima di Teolo, dove pure hanno chiuso le scuole. L'altro caso è di un 67enne di Mira, nel veneziano.
In un paese accanto, Mirano, le persone sono corse al supermercato svuotandolo, per comprare le provviste.Riprendiamo la via del ritorno e appena accendiamo l'auto, scendendo lungo i tornanti, arriva la notizia che il presidente della Regione Luca Zaia ha annunciato la chiusura di tutte le università venete. Sì, fa paura.
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