L'Ue e il "patto del vento" contro Putin

Un'intesa per l'eolico tra sette Paesi europei, Norvegia e Regno Unito

L'Ue e il "patto del vento" contro Putin

Stavolta non si tratta di scegliere tra la pace e i condizionatori, per 9 Paesi d'Europa, ma tra energia pulita e turismo (in particolare quello degli amanti del birdwatching che rivendicano la tutela dell'oca «facciabianca»). Garantirsi cioè una fonte di elettricità alternativa per i prossimi anni, piazzando un parco eolico nel Mare del Nord che bagna Belgio, Francia e Gran Bretagna, oppure mantenere illibato un pezzo di costa tanto caro ai «bagnanti» e agli aficionados volatili della città portuale francese di Dunquerque, situata a 10 km dal confine col Belgio. Ecco perché i leader di 7 Stati dell'Ue (Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Irlanda, Danimarca e Lussemburgo), con Norvegia e Regno Unito, ieri si sono dati appuntamento a Ostenda, nelle Fiandre, per trovare un accordo sull'eolico offshore del futuro: 46 aerogeneratori che dovrebbero garantire l'equivalente del consumo annuo di elettricità di circa 350mila persone.

L'idea è di «rendere questo mare la fabbrica più verde del mondo per generare elettricità», ha spiegato al suo arrivo al secondo Vertice del Mare del Nord il premier belga Alexander De Croo. E fin qui l'accordo c'è. Anche l'Eliseo sostiene infatti che nel poco profondo Mar del Nord le turbine «possono essere installate in gran numero non troppo lontano dalla costa» (si parla di 30 km), in condizioni di vento che consentono la produzione di energia verde a un costo «particolarmente competitivo». La ritrosia belga viene dalle autorità locali: perché se il Paese è già il quarto produttore mondiale di energia eolica offshore, ed è tra i pionieri d'Europa mentre la Francia arranca, manca un accordo per far partire il progetto nel 2026 - come preventivato - e rendere il sito operativo nel 2028; le tecnologie avrebbero conseguenze dannose per gli uccelli migratori, per le ong ambientaliste che invitano a non affrettare gli studi di impatto sulla biodiversità. La richiesta di accelerare le procedure venuta da Germania e Norvegia è al palo. Come la produzione di componenti, ancora troppo dipendente dalla Cina, con aziende di turbine Ue che oggi operano in perdita.

Ciononostante, l'obiettivo dei 9 è chiaro: arrivare a produrre 120 gigawatt nel 2030 (dai 30 attuali) grazie all'energia eolica del Mare del Nord, e almeno 300 gigawatt nel 2050 (per cui Bruxelles stima il fabbisogno di investimenti in 800 miliardi e assunzioni nel settore, dagli 80mila posti di lavoro odierni a 250mila). A oggi, il Londra vanta «solo» 14 gigawatt di eolico offshore, Berlino 8, Danimarca, Belgio e Olanda tra 2 e 3; Parigi e Oslo viaggiano intorno a 0,5. La Francia, dopo l'entrata in funzione la scorsa estate del primo parco offshore a Saint-Nazaire, vuol raggiungere i 40 gigawatt nel 2050. Da sola non ce la fa. E il vertice - a cui ha preso parte anche la presidente della Commissione Ue - è stato anche l'occasione per discutere infrastrutture di connessione, filiere industriali e progetti di idrogeno verde.

L'idrogeno prodotto tramite elettrolisi «può essere il punto di svolta per l'Ue, per le industrie e la nostra economia - spiega Ursula Von der Leyen - e la regione del Mare del Nord ha il potenziale per produrne enormi quantità e diventare il principale corridoio per l'import in Europa». L'operazione permetterebbe a questi Paesi di reagire al maltolto approvvigionamento dalla Russia e accelerare sulla de-carbonizzazione producendo energia a un costo ridotto (40-45 euro per megawattora). Ma anche di rispondere a un'Italia sempre più protagonista in Nord Africa.

«Insieme siamo riusciti a sbarazzarci della dipendenza dai combustibili fossili russi rivolgendoci a partner affidabili - ha detto von der Leyen - i cittadini Ue hanno ridotto i consumi di energia del 20%». Macron aveva saltato il primo vertice. Ieri c'era. Con sé ha portato però anche le proteste dei francesi, che da giorni lo tormentano contestando la sua riforma delle pensioni a suon di pentole e campanacci.

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