L'Ue ricarica la bomba del Patto di Stabilità: l'Italia si gioca la ripresa

Al via oggi i negoziati sulle regole dei conti pubblici post virus. Il nodo rientro del debito

L'Ue ricarica la bomba del Patto di Stabilità: l'Italia si gioca la ripresa

Messo in un angolo dalla pandemia, il Patto di stabilità è di nuovo pronto a tornare ciò che è sempre stato: uno dei temi più divisivi all'interno dell'Unione europea sul meccanismo di regolazione dei conti pubblici. Sulla riproposizione o meno dei parametri ragionieristici che riguardano debito e disavanzo, sospesi a causa del Covid, prendono il via oggi le discussioni all'Eurogruppo (per l'Italia presente il ministro dell'Economia, Daniele Franco), cui seguirà domani l'appendice dell'Ecofin.

Appuntamenti delicati, al punto che ieri un alto funzionario Ue si è subito sentito in dovere di mettere le mani avanti, precisando che la Commissione ha deciso di strutturare il dibattito partendo dai fini, e non dai mezzi. I ministri dunque si confronteranno non su aspetti «tecnici» o «numerici» del Two Pack e del Six Pack, bensì, appunto, sugli «obiettivi» che l'Europa intende raggiungere.

La materia è infatti da prendere con le pinze, soprattutto in un momento in cui l'indebitamento di molti Paesi è esploso in seguito alle misure prese per contrastare i profondi effetti recessivi provocati dal virus. In Italia il debito ha sfondato in agosto il muro dei 2.700 miliardi di euro, rappresenta oltre il 156% del Pil e resterà sideralmente lontano dalla soglia del 60% visto che la crescita di quest'anno attorno al 6% garantirà, ben che vada, solo una leggera limatura anche tenendo conto della manovra espansiva da 30 miliardi decisa dal governo. «Nessuno crede che l'applicazione cieca della regola del 60% sia la strada giusta da percorrere», aveva detto qualche giorno fa un altro funzionario europeo. Perfino gli economisti del fondo salva-Stati Mes spingono per alzare il tetto massimo dell'indebitamento al 100%, pur mantenendo fermo al 3% il limite di deficit.

Il punto focale è però un altro. Riguarda come si articolerà, all'interno del Patto, il percorso di rientro del debito (secondo le regole attuali, la riduzione deve essere di un ventesimo all'anno) verso livelli sostenibili. Perché è su questo aspetto che rischia di aprirsi una nuova faglia fra i partner europei. Se il premier Mario Draghi ha affermato esserci «più di un dubbio» sul fatto che le regole Ue in materia di finanza pubblica abbiano funzionato bene, in particolare nel periodo della recessione, c'è chi, come Olanda e Austria, ma anche il vicepresidente lettone della Commissione Valdis Dombrovskis, la pensa in modo opposto e ritiene sufficiente la flessibilità già prevista dal quadro stesso, con la comunicazione della Commissione Juncker del 2015 sulle flessibilità per gli investimenti.

Molti sono convinti che il Patto ha bisogno di essere rimodulato. Dopo i passi in avanti nel segno della solidarietà e della coesione compiuti con il varo del Recovery Fund, la riproposizione di un modello legato a schemi che rimandano ai ferrei controlli dei tempi dell'austerity significherebbe compiere un balzo all'indietro. Tanto più se si considera che una stretta troppo forte sui conti pubblici potrebbe uccidere sul nascere la ripresa post-Covid.

La sfida che l'Eurogruppo deve affrontare è dunque quella di riposizionare il Patto in modo tale da favorire politiche fiscali pro-cicliche in grado, attraverso il miglioramento della ricchezza nazionale, di intaccare anche la montagna del debito. Tempo ce n'è.

E il blocco della riforma del Mes, con cui saranno cambiate le regole riguardanti le linee di prestito da concedere ai Paesi in difficoltà, dà ancora maggior respiro per trovare un'intesa che rappresenti una svolta per l'Europa.

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