Nel labirinto con Giuseppe Conte. Dopo mille travagli alla fine di una giornata sull'ottovolante, l'ex premier vira di nuovo sul non-voto alla fiducia al Dl Aiuti. Annuncia l'Aventino durante il suo intervento in assemblea congiunta con deputati e senatori, ma solo a seguito di dodici ore con le convulsioni. «Siamo assolutamente disponibili a dialogare e dare un nostro contributo costruttivo a questo governo e al premier Draghi ma non siamo però disponibili, non per arroganza ma per sensibilità verso famiglie e imprese, a dare una cambiale in bianco», le parole dell'ex premier, seguite da un applauso di deputati e senatori presenti. Tutti in piedi a battere le mani, anche se si nota qualche banco vuoto. «Alla Camera abbiamo espresso la fiducia, ma non abbiamo votato il testo, al Senato non è possibile il voto disgiunto, quindi con le medesime lineari e coerenti motivazioni noi domani non parteciperemo al voto», prosegue Conte.
L'annuncio arriva dopo una giornata di caos. Si parte alle nove di mattina con un Consiglio Nazionale, in forma «ristretta». Una riunione infinita, durata circa cinque ore, interrotta alle tre del pomeriggio da un telefonata con il premier Mario Draghi. E ancora un'altra riunione di vertice alle sette e mezza di sera. È in questo ultimo vertice che matura la decisione, dopo che nel tardo pomeriggio addirittura è circolata l'ipotesi di un sì alla fiducia o della libertà di coscienza per i senatori.
Il tasto dolente è il termovalorizzatore a Roma, contenuto nel decreto. «Sono state respinte tutte le nostre richieste, come potevamo trascurare questo segnale politico?», incalza Conte.
Poi il leader M5s rivendica come un suo risultato l'annuncio di Draghi su un nuovo decreto sui salari entro la fine di luglio: «Famiglie e imprese potranno sperare in un corposo aiuto finanziario che arriverà a fine mese e questo lo si deve al M5s». Quindi prova a galvanizzare la platea: «Non permetteremo mai che venga smantellato il reddito di cittadinanza». Conte dice che nel colloquio di ieri pomeriggio con Draghi ha «registrato la disponibilità del presidente a venirci incontro su tutti i punti, ma non ci accontenteremo di dichiarazioni di intenti».
Spazio a un attacco a Luigi Di Maio: «Chi si strappa le vesti ed esprime forti preoccupazioni lanciando strali a destra e a manca deve guardare al suo cortile e interrogarsi se sono stati loro responsabili di questa situazione». Infine il rilancio sul no alle trivellazioni: «Non vogliamo trivellazioni nel Mare Adriatico». Insomma, la linea alla fine non cambia: astensione ma non uscita dal governo.
Il tip tap dell'ex premier che danza attorno alla crisi di governo sembra il passo d'addio di un leader che non si è mai trovato a suo agio nei panni del capo politico. Tra un'indiscrezione e l'altra, in attesa di una dichiarazione, verso la fine della giornata l'unica certezza è che Conte ha già perso, comunque vada a finire. Ora Conte con la linea dura del non-voto alla fiducia rischia di perdere almeno venti parlamentari governisti tra Camera e Senato. Ma con il sì alla fiducia dopo i «segnali» di Draghi avrebbe perso la faccia davanti alla base. Difficile trovare una via d'uscita quando la strategia è lose-lose. Soprattutto se ci mettono il carico la Lega con Matteo Salvini e il Pd con Enrico Letta. Entrambi fanno sapere all'avvocato di Volturara Appula che se non votasse la fiducia salterebbe tutto. Gli interventi di Letta e Salvini mandano nel pallone Conte. In preda allo smarrimento allora l'ex premier cerca un contatto con il suo successore. Chiede quel «segnale» che placherebbe la truppa. Conte vuole portare a casa almeno un faccia a faccia con il premier a Palazzo Chigi, ottiene solo l'impegno per un nuovo aggiornamento telefonico. I due, fanno sapere dal M5s, hanno parlato della lettera con i nove punti del giurista pugliese.
Una buona notizia tuttavia
per il leader del Movimento Cinquestelle c'è. Il tribunale di Napoli ha infatti rigettato il ricorso degli attivisti contro la leadership dell'avvocato Conte. Troppo poco per una giornata che non poteva che andare storta.
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