L'ultima mossa dell'assassino per avere uno sconto di pena

Vorrebbe ottenere un trattamento simile a quello di Moretti, il leader delle Br che è in semilibertà

L'ultima mossa dell'assassino per avere uno sconto di pena

L'ammissione di colpa per i quattro omicidi commessi con annessa richiesta di scuse ai famigliari delle vittime da parte di Cesare Battisti tra 1978 e 1979, dopo una latitanza durata quasi 40 anni, non deve stupire più di tanto per almeno tre buoni motivi.

Il primo, oggettivo, è il più importante, ovvero che l'ex terrorista dei Pac (Proletari armati per il comunismo) - oggi scrittore con 15 romanzi pubblicati tra Francia e Brasile - lo scorso 14 gennaio è stato espulso dalla Bolivia e riportato in Italia dove sta scontando una condanna al «fine pena mai», l'ergastolo. A 64 anni impossibile pensare ad una fuga come quella che, nel 1981, gli consenti di iniziare la sua quarantennale latitanza dal carcere di Frosinone, non solo per motivi d'età ma anche di contesto storico.

Il secondo motivo è dimostrare, come ho raccontato nel libro Il Caso Cesare Battisti (Paesi Edizioni, in uscita con Il Giornale in questi giorni), che il Battisti di oggi è un uomo oggettivamente differente dall'assassino che uccise l'agente della Digos Andrea Campagna e la guardia carceraria della prigione di Udine Antonio Santoro oltre ad essere coautore dell'omicidio del macellaio Lino Sabbadin ed autore in concorso dell'uccisione del gioielliere Pierluigi Torregiani, costringendo suo figlio Alberto sulla sedia a rotelle. Battisti era un uomo senza più protezioni politiche importanti in Brasile dopo il crollo giudiziario del suo ex protettore Lula da Silva, da un anno anche lui finito in carcere per corruzione, senza più soldi ma, soprattutto, stanco di fuggire perché malato ma impossibilitato a pagarsi l'assicurazione medica, costretto a vivere in un contesto lontanissimo dalla Parigi della dottrina Mitterand, in un paesino di pescatori che gli offriva come unici interlocutori gli amici di bevute di una bettola.

Il terzo motivo che spiega l'assunzione di responsabilità di Battisti è il riallinearsi con la Giustizia italiana che - avendolo condannato all'ergastolo già negli anni 90 con sentenze passate in giudicato confermate dalla Corte per i Diritti umani di Strasburgo (che aveva escluso ogni abuso da parte dell'Italia) - ora ha la possibilità di trattarlo come un qualsiasi ex terrorista. Già, perché ammettendo le sue colpe Battisti, che si dissocia così dalle azioni compiute 40 anni fa senza diventare almeno per il momento un collaboratore di giustizia, potrà garantirsi cospicui sconti di pena ed il trattamento consono ad un Paese democratico, quale l'Italia è. Basti pensare, ad esempio, a Mario Moretti, anima delle Brigate rosse dopo gli arresti di Curcio, Franceschini e l'uccisione di Mara Cagol, che dopo 15 anni di carcere dal 1997 gode del regime di semilibertà per cui nel carcere di Opera, in provincia di Milano, torna solo la notte, per dormire. Moretti ideò ed organizzò il sequestro di Aldo Moro, fu condannato a 6 ergastoli ma, soprattutto, non si è mai dissociato dalla lotta armata, né pentito di quanto fatto negli anni '70, come invece ha fatto Battisti sabato scorso di fronte al pubblico ministero Alberto Nobili, nel carcere di Oristano dov'è recluso.

Questa la realtà che devono affrontare i legali di Battisti, Davide Steccanella e Gianfranco Sollai, che certamente hanno consigliato al meglio Battisti nell'assunzione delle sue responsabilità dopo che già nei giorni scorsi avevano presentato ricorso affinché la pena all'ergastolo venga commutata in 30 anni di reclusione.

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