Neanche ventiquattro ore dall'annuncio della partecipazione di Chiara Ferragni al Festival di Sanremo e tra gli addetti ai lavori ci si chiede già se non sia arrivato il momento del «partito degli influencer». Pure perchè nel mondo di internet c'è un fermento. Il contesto è liquido, dunque non c'è da stupirsi: le idee non fanno che ribollire. Al netto dei possibili interpreti, iniziano a circolare progetti di simboli e nomi. Ne abbiamo visto uno: «Rivoluzione» ma con una erre rovesciata. Quasi come se qualcuno, appresa la scomparsa del grillismo, si fosse già messo all'opera per un'evoluzione naturale che possa riempire un vuoto.
Sono almeno tre i fattori capaci di alimentare quella che rischia di smettere d'essere una mera suggestione in breve tempo. Uno riguarda lo spazio: il web, il luogo in cui è nato e cresciuto l'ormai dissolto Movimento 5 Stelle, è privo di una forza dominante. Poi c'è un motivo di opportunità: in questi ultimi anni, ci hanno provato in molti, dai No Vax ai Sì Putin (due mondi spesso coincidenti), ma nessuno si è dimostrato in grado di convogliare i «mi piace» o le visualizzazioni in qualcosa di politicamente rilevante. Il terzo fattore è relativo al piano culturale: le battaglie che trovano eco nell'istantaneità del web fanno fatica a passare in Parlamento. Il Ddl Zan - immaginiamo pensino dalle parti degli «influencer» - ne è la prova. Tanto varrebbe estendere gli orizzonti e fare un tentativo pratico: una formazione partitica che faccia arrivare al grande pubblico le istanze che, almeno per ora, vengono percepite come prioritarie quasi soltanto o quantomeno soprattutto dalle giovani generazioni.
Quanto sarebbe stata evidente la frattura tra i cosiddetti boomer ed i nativi digitali se, al referendum che si è appena svolto, l'Italia avesse avuto anche la possibilità di esprimersi sulla liberalizzazione della cannabis? Insomma qualcuno potrebbe voler sdoppiare lo schema, sgombrando il campo dal limite imposto dalla virtualità: i «seguaci» su internet e la politica nella realtà. Sarebbe troppo facile presentare l'esempio della potenzialità dei Ferragnez. Peraltro l'imprenditrice milanese sarà al Festival della canzone italiana in piena campagna elettorale. Dovesse decidere di scendere in campo (ipotesi che comunque sembra essere peregrina), si porrebbe quantomeno un tema. Fedez sembra avere un profilo più politico della moglie e continua ad intervenire sui temi d'attualità. Però anche il cantante non sembra disponibile ad un vero e proprio impegno in prima persona. Il fatto è che i nomi in questa storia contano eccome: «Il partito degli influencer può valere lo 0% o il 30% - dice al Giornale Tiberio Brunetti, consulente politico ed istituzionale - . Dipende da chi lo rappresenta e dai temi bandiera. Se ci pensiamo abbiamo un precedente: il M5S ha avuto per capo un influencer ante litteram, Grillo».
Claudio Cecchetto, che ha i suoi 83mila followers su Instagram e che proviene dallo spettacolo, si è candidato a sindaco di Riccione arrivando terzo e sfiorando il 9%: può costituire un segnale ulteriore. Cristina Fogazzi, ossia l'«Estetista cinica», ha endorsato Carlo Calenda qualche mese fa: «Mi ha invitato nella sede di Azione, che è popolata di Fagiane (l'appellativo riservato alle Fan) e ho avuto un'ottima impressione. Vi dico che mi piace, così domani i giornali hanno qualcosa da scrivere» ha dichiarato, durante le amministrative, come ha riportato Repubblica. Insomma: se quella in corso è una progressione, i tempi sembrano essere maturi. C'è chi è già al lavoro su quelle che vengono chiamate «anagrafi».
L'obiettivo degli studi certosini è tirare fuori un «capo influencer» dal cilindro entro primavera 2023.
Serve qualcuno in grado di fare sintesi. Poi, come molti progetti partoriti nel contesto del web, il «partito degli influencer» può non partire, sparire poco dopo tempo o esplodere contro ogni previsione. Comunque, converrà «seguire» anche questo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.