Il lusso leggero dell'Ikat Armani dà lezione d'alta moda

Re Giorgio toglie dal tessuto il peso del folklore ma lo decora con frange e cascate di cristalli

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Parigi «Indefinibile, inafferrabile, vibrante». Gli aggettivi usati per definire un motivo Ikat valgono anche per le donne che Armani veste con questi coloratissimi disegni meravigliosamente reinterpretati per la collezione Privè della prossima estate in passerella ieri sera a Parigi. «Li avevo già usati per tre capispalla che ho fatto sfilare nel 1990 racconta m'incuriosiva vedere se potevano funzionare oggi e su una collezione di alta moda che deve essere molto sofisticata». L'Ikat per sua natura non lo è, in mani meno esperte delle sue profumerebbe immediatamente di etnico. Si tratta infatti di un'antica tecnica di tintura adottata in tutte le culture orientali e nel sud est asiatico per produrre tessuti piuttosto corposi. Solo nel diciannovesimo secolo e in città come Bukara e Samarcanda vennero inventati gli Ikat su seta, ma anche in questo caso mancava quella meravigliosa leggerezza che il più famoso stilista del mondo ritiene irrinunciabile. Stavolta, poi, è necessario togliere all'Ikat il peso del folk per cui lui aggiunge e con un complicato sistema di sovrapposizioni tra velature e ricami, cascate di cristalli e frange di perline colorate, riesce a nascondere e al tempo stesso esaltare la geometria variabile dei disegni. «Qui dietro c'è tutto un mondo» dice scostando delicatamente il tulle blu notte tempestato da innumerevoli punti luce in cristallo sopra al lungo abito a bustier con gonna a corolla e un grande Ikat nei toni del rosso, del bianco e del rosa tramato nel satin blu. In un sublime tailleur pantalone da sera l'Ikat ha un tono dominante di verde pavone su cui ruotano diverse tinte vivaci come fucsia e giallo sole. In questo caso, però, il disegno è ricamato e il luccichio delle perline gioca una strana partita a rimpiattino con la forma modernissima della giacca apparentemente annodata. Le giacche che sono da sempre il caposaldo dell'estetica armaniana compaiono anche stavolta, una diversa dall'altra e tutte con un dettaglio Ikat che diventa bordo, ornamento, dettaglio ricamato. Sotto ci sono quasi sempre i pantaloni di linea facile e svelta mentre le decorazioni sono volutamente elaborate perché lui dice che anche il giorno nell'alta moda deve essere sofisticato. Sulla sera, però partono veri e propri fuochi artificiali perché qui la sua leggendaria pulizia è data da un insieme di cose: forme che con l'Ikat non ti aspetti (ad anfora, a colonna con fondo godet, a cono rovesciato) colori doviziosi e quei bellissimi giochi tra velature e ricami riportati anche sugli accessori. Tutte le modelle sono pettinate con un curioso caschetto nero che termina e virgola e con un cappello tipo pill box nero. «L'alta moda è più divertente da fare, ti libera la testa» conclude Armani raccontando che i capi arrivano a costare anche 50 mila euro e che l'età media delle clienti si sta abbassando.

Il bello è che Cristobal Balenciaga quando nel 1968 smise da un giorno all'altro di lavorare dichiarò: «Me ne vado, non ci sono più donne». In effetti quel tipo di donna dall'eleganza sublime e rarefatta scomparve con il maggio francese, ma rimase per sempre nel mito. Lo dimostra la straordinaria mostra Alaia and Balenciaga: sculptors of shape a cura di Olivier Saillard per conto dell'Association Azzedine Alaia. Nell'ex vetreria che lo stilista tunisino trasformo in studio, sala sfilate e abitazione sono esposti fino al 28 giugno (in luglio si trasferirà nella casa di Balenciaga in Spagna) 80 modelli di alta moda senza tempo anche se creati ad almeno 30 anni di distanza. Sarà benne che Demna Gvasalia, attuale direttore creativo della storica maison spagnola, li studi con il dovuto rispetto avendo deciso di rilanciare la couture, un campo in cui non si è mai cimentato. Certo è consolante che un nome tanto prestigioso torni in campo con l'alta moda soprattutto perché stasera sarà l'ultima sfilata di Jean Paul Gaultier. In compenso prospera come non mai l'alta gioielleria. Da Chopard per esempio sisono viste pietre da mille e una notte «montate» su una sublime installazione di fiori. Un diamante giallo fa da pistillo a una rosa rossa, uno smeraldo da 61 carati sembra una foglia tonda tonda e piatta. Verrà incastonato in un superbo collier appositamente disegnato da Caroline Scheufele. Da Vuitton presentano invece il secondo diamante più grande del mondo: 1758 carati contro i 3106,75 del Cullinan. La pietra battezzata Sewelo è stata trovata lo scorso aprile in Botswana e verrà tagliata ad Anversa nel giro di quattro mesi.

Da oggi però le ricche clienti di Vuitton potranno scegliere e acquistare il pezzo di pietra con cui farsi fare un gioiello da favola. Meno impegnativa ma ugualmente regale la collana con 611 diamanti creata da Damiani per celebrare il ventennale della collezione D.Side co designed con Brad Pitt.

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