Macron abbraccia l'Egitto: non romperò per i diritti civili

Il tribunale del Cairo: altri 45 giorni in cella per Zaki. Dall'Eliseo nemmeno una parola. E l'intesa è più salda

Macron abbraccia l'Egitto: non romperò per i diritti civili

Altri 45 giorni di carcere per Patrick Zaki. I giudici egiziani si erano detti disponibili a fargli avere dei libri in cella, ma in Camera di consiglio nessun cambio d'orizzonte: resta dietro le sbarre. L'attesa svolta per la liberazione ieri non c'è stata. Anzi, dal Cairo è arrivato l'ennesimo schiaffo ai diritti civili. Nonostante il proscioglimento sabato di 43 attivisti sotto inchiesta da anni in Egitto, le sorti dello studente 29enne dell'Alma Mater di Bologna, arrestato preventivamente il 7 febbraio, non cambiano. Almeno fino a gennaio.

Le toghe egiziane hanno confermato la custodia cautelare, pur di fronte a dichiarazioni d'innocenza. E alle richieste di prove al tribunale (mai fornite davvero) da parte degli avvocati. Carcere preventivo rinnovato e accuse di propaganda sovversiva sui social - rischia 25 anni di galera - mentre a Parigi si stendevano tappeti rossi per il rais, in visita ieri all'Eliseo.

Il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, dalla sua tre giorni transalpina, ridimensiona le proteste delle Ong sul mancato rispetto dei diritti umani in Egitto. E condanna pure quelle di governi alleati dell'islam politico che in diverse latitudini hanno messo nel mirino il presidente Emmanuel Macron.

L'Eliseo ringrazia smussando gli angoli sulla «questione egiziana» che tiene banco da giorni grazie alla mobilitazione internazionale di star del cinema e attivisti: per l'appunto, gli arresti arbitrari tra cui quello di Zaki. Ieri mattina la corte antiterrorismo aveva appena confermato il carcere. Ma in conferenza stampa Macron non pronuncia neppure il nome dello studente agli arresti da 10 mesi, sigillando un'alleanza tra Parigi e il Cairo che si muove su più fronti. Dal comune orientamento sul futuro della Libia (dove si rischia l'islamizzazione del Paese sospinta da Recep Tayyp Erdogan, che Parigi vuol scongiurare) all'opposizione alle trivellazioni turche nel Mediterraneo orientale (con La Francia che partecipa alla sorveglianza Nato delle acque, e dove recentemente ha intercettato dei turchi che trasportavano armi proprio per la Libia).

Macron ieri si è dunque limitato a proclamarsi «promotore di un'apertura democratica» e del «riconoscimento di una società civile dinamica e attiva». Senza nessun accenno pubblico allo studente egiziano, che al Cairo era volato per vedere la famiglia. E che invece, come aveva ricordato l'attrice Scarlett Johansson in un video, è stato «torturato dopo essere stato arrestato dalla polizia egiziana». Accogliendo favorevolmente il rilascio di «tre membri di Ong» (liberati giovedì dal Cairo dopo la mobilitazione degli influencer) l'inquilino dell'Eliseo spiega d'aver avuto con Al Sisi «l'opportunità di evocare come si fa tra amici, con franchezza, la questione dei diritti umani».

Esistono certamente «disaccordi» tra Francia ed Egitto, ma «non condizionerei la cooperazione sui dossier economici e di difesa» a questi «disaccordi», ha ammesso Macron. Da ieri, l'intesa tra i due Paesi è più solida. Pur a prezzo del silenzio su Zaki. D'altronde tra il 2013 e il 2017, ricorda Amnesty (che definisce «sconcertante» la decisione dei giudici) la Francia è diventata il primo fornitore d'armi dell'Egitto: «Nel 2017 ha venduto più di 1,4 miliardi di euro di attrezzature», tra cui tecnologie di sorveglianza usate contro gli oppositori. Numeri che hanno influenzato l'incontro tra i due. Macron ha usato i guanti di velluto. Parigi e Il Cairo restano alleate in Libia in chiave pro-Haftar, e più in generale nella guerra ai Fratelli musulmani: che la Francia (come l'Austria) ha intrapreso in patria senza troppo sostegno degli altri Paesi Ue.

«Patrick terminerà quest'anno terribile nella prigione di Tora», insiste il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury, facendo appello a Roma: «Si mobiliti per salvare questo ragazzo dall'orrore del carcere». Per ora, il governo italiano non si è fatto sentire più di tanto. E se la Francia ha le sue ragioni per tacere, Roma sembra averne molte in meno.

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