"Maddy poteva salvarsi Il pusher l'ha impedito"

L'amica racconta che la ragazza stava male. "Ma mi hanno vietato di chiamare soccorsi"

"Maddy poteva salvarsi Il pusher l'ha impedito"

Agonizzante una notte intera. «Aziz mi ha impedito di chiamare i soccorsi. Sperava che Maddalena si riprendesse e solo al mattino sono riuscita a chiamare il 112». Insomma, Maddalena Urbani si poteva salvare.

Il racconto che l'amica, Carola, mette nero su bianco alla squadra mobile è agghiacciante. Le parole della ragazza spiegherebbero molti punti oscuri della tragedia di «Maddy», la figlia del virologo eroe morto dopo aver scoperto il virus della Sars. A ricostruire le ultime ore della vita di Maria come si faceva chiamare dagli amici la 21enne morta per overdose in un lotto popolare di Roma, è Giuseppe Dolciami, detto «Celentano», datore di lavoro di Maddalena, proprietario del bar «Via Gluck» nella centralissima piazza di Perugia. «Maddalena il giovedì mi dice che vuole andare a Roma - racconta Dolciami -. Le dico di farsi accompagnare da una donna viste le sue frequentazioni poco raccomandabili. La mattina di venerdì mi dice di andare con Carola, conosciuta due mesi prima. Una ragazza pulita, tutt'altro che tossica, e che stava cercando di aiutare Maddalena a uscire dal giro». «Sei più tranquillo ora? - mi dice Maddalena -. Ti ho dato retta. Alle 14 prendono il treno per Roma, sarebbero dovute tornare la domenica. Alla mezzanotte di sabato mi chiamano dalla questura della capitale. Mi precipito a San Vitale e metto a verbale tutto quello che mi aveva detto, terrorizzata, Carola. Ovvero che l'eroina l'aveva presa per strada da uno straniero, un libico. Maddalena si era subito sentita male». La dose di eroina, probabilmente tagliata con sostanze letali, manda la 21enne in overdose. «A quel punto - continua Dolciami - vanno a casa del siriano, un boss che viveva a Perugia e che era stato messo ai domiciliari a Roma».

Lo straniero, che conosce già Maddalena, le accoglie per la notte. Nonostante gli arresti domiciliari «lo zoppo», l'uomo dai cento alias, Rayab Abdulaziz, Amduni Gamaf, Salm Omar, Omar Saim, per citarne alcuni, nato ad Aleppo nel '57, già arrestato dai carabinieri della Dia con altri 68 narcos a Cagliari nel 2014, ospita le due giovani nell'appartamento Ater occupato abusivamente in via Vibo Mariano 14, sulla Cassia. Carola non lo conosce, ce la porta Maddalena. A un certo punto Aziz manda Carola a fare un po' di spesa. Il dubbio che in quel lasso di tempo l'abbia violentata è forte, tanto che intervengono anche gli uomini della IV sezione della mobile, quella che indaga i reati sessuali. Passano le ore, Carola resta accanto a Maddalena. La veglia. «Stava malissimo».

Aziz non vuole assolutamente chiamare i soccorsi, teme una perquisizione. Il siriano prova a farle un massaggio cardiaco. Ma la situazione, al mattino, è drammatica. Carola riesce a telefonare, con il cellulare di Maddalena, a Dolciami e gli racconta tutto. «Non ti far scoprire ma chiama subito aiuto» le dice. La storia, a questo punto, è nota. Alle 13,30 i sanitari constatano il decesso. Alla mezzanotte di sabato Dolciami viene chiamato dalla questura di via San Vitale. Si precipita a Roma e spiega tutto ciò che sa. Poi riporta Carola a Perugia. «Adesso è sotto choc, è terrorizzata. Ha paura di uscire di casa», racconta.

In attesa dell'autopsia di stamane e degli esami tossicologici, la polizia sarebbe sulle tracce del «libico», lo spacciatore che avrebbe ceduto la dose mortale di droga, accusato di morte come conseguenza di altro reato. Su Aziz, invece, le ipotesi di reato andrebbero dal mancato soccorso all'omicidio preterintenzionale. Oltre alla violenza carnale.

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