Di Maio sotto torchio: "Spieghi il furto dei visti in Pakistan"

Fratelli d'Italia deposita una interrogazione al ministro degli Esteri: "Quanto successo è una falla nel nostro sistema di sicurezza"

Di Maio sotto torchio: "Spieghi il furto dei visti in Pakistan"

La grana dei mille visti rubati dall’Ambasciata d’Italia a Islamabad approda in Parlamento. Il deputato di FdI, Andrea Delmastro Delle Vedove, ha depositato in Commissione Affari Esteri della Camera un’interrogazione diretta a Luigi Di Maio per chiedergli conto “dell’incredibile” furto avvenuto negli uffici italiani in Pakistan. Una notizia “inquietante” - rivelata dal Giornale - su cui il titolare della Farnesina, forse occupato nelle diatribe interne grilline, non ha ancora ritenuto di dover dire alcunché.

Eppure la faccenda ha risvolti importanti sul tema della sicurezza interna. Prima questione: l’allarme immigrazione. Il Pakistan è undicesimo nella classifica dei Paesi con il più alto tasso di visti Schengen negati, e migliaia di persone ogni anno chiedono senza successo il bollino rosso per entrare in Ue. Lo stesso dicasi per gli afghani in fuga dalle loro terre per paura del ritorno del regime talebano. Molti tentano la via della rotta balcanica, e farlo con un visto “autentico” in tasca risulta ovviamente più semplice. Come confermava al Giornale una fonte qualificata, “certamente” alcuni dei documenti trafugati potrebbero già essere stati utilizzati dalle reti di trafficanti per spedire clandestini verso il Belpaese. Almeno finché l’Ambasciatore Andreas Ferrarese, grazie a controlli “periodici e regolari”, non si è accorto che dalla locker room della residenza diplomatica mancavano un migliaio adesivi. Scoperto l’ammanco, Ferrarese ha subito informato le autorità pakistane, europee e italiane. Che hanno attivato tutti i controlli del caso.

Il punto, ad oggi, resta quello di capire quanti giorni siano intercorsi tra il furto e la presa di coscienza, a inizio giugno, dell’ammanco. Le indagini sono in corso. In quel lasso di tempo, infatti, i visti erano perfettamente validi, dunque utilizzabili per approdare in Italia e da lì spostarsi in un Paese Schengen. Solo con l’avvio dei controlli l’utilizzo di questo canale si è fatto più complicato. I partner Ue sono stati informati, la polizia di frontiera pakistana anche: i visti (che hanno un numero di serie) sono stati inseriti nel sistema informatico e possono facilmente incappare in un controllo.

C’è poi il tema terrorismo. Alcuni generali italiani sono convinti che ai jihadisti non serva un visto, preferendo l’anonimato dei barconi che salpano dalla Libia. Fonti diplomatiche del Giornale ribadiscono invece che il pericolo esiste eccome. “È fatto notorio che in Pakistan siano particolarmente attivi, radicati e diramati gruppi integralisti islamici che potrebbero usufruire dei visti sia per alimentare la rete dei trafficanti di essere umani, sia per consentire a numerosi terroristi di far ingresso indisturbati in Europa”, dice Delmastro. “Quanto accaduto, per quanto sia sconcertante a prescindere, assume tratti inquietanti se solo si considera che il Pakistan è considerato tradizionalmente un hub del terrorismo islamico”.

Il deputato Fdi chiede a Di Maio chiarezza. E soprattutto di spiegare a che punto sono le indagini interne. “Poiché nessuno può entrare in ambasciata senza un permesso speciale, quanto accaduto rappresenta certamente una falla nel nostro sistema di sicurezza”. C’è poi da capire “quali siano i protocolli di sicurezza adottati per impedire, soprattutto ad eventuali terroristi, di poter utilizzare gli adesivi per i visti Schengen trafugati”.

E se esiste un modo "per scongiurare che vengano trafugati documenti presso le nostre ambasciate validi per fare ingresso in Europa, bucandone la rete di sicurezza comune”. Domande precise. Che ora mettono pressione al titolare della Farnesina.

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