Di Maio, veto su Berlusconi. Il Cav: chi si crede di essere?

La condizione del grillino: trattiamo solo con Lega o Pd senza Renzi. Il leader Fi: non decide lui chi incontrare

Di Maio, veto su Berlusconi. Il Cav: chi si crede di essere?

E arrivò il giorno del «contratto di governo» con doppio veto. Nella strana corsa verso Palazzo Chigi, dove tutti, Movimento Cinquestelle in testa, vogliono mostrarsi responsabili, ma nella quale nessuno ha davvero voglia di assumersi l'onere del primo tentativo e rischiare di bruciarsi, Luigi Di Maio tira fuori una carta non certo unificante.

La proposta è quella di una sorta di contratto di governo, simile a quello usato in Germania per venire a capo della lunghissima crisi post-voto. Il tutto, però, accompagnato da un doppio veto: quello verso Forza Italia e quello verso il Pd a meno che non si liberi di Matteo Renzi. In sostanza una apertura soltanto apparente destinata inevitabilmente a essere rispedita al mittente.

Il leader del M5s, intervenendo prima a Di Martedì su La7 e poi davanti all'assemblea dei parlamentari spiega così la sua mossa: «Faremo quanto detto in campagna elettorale: proporremo un contratto di governo come si fa in Germania. Si fa ciò che c'è scritto, quello che non c'è scritto non si fa». Le forze con cui siglare il contratto? «La Lega perché il centrodestra è composto da tre singoli partiti con tre programmi e tre candidati diversi, o un Pd in cui Renzi non è più il segretario. La Lega vediamo se si stacca da Berlusconi per fare le cose che servono al Paese». Anche perché «tener fede ai nostri paletti e principi, cioè non sedersi al tavolo con Berlusconi ha portato il Movimento a ottenere un grande risultato, ad esempio nella partita sulle Camere».

È chiaro che nel giorno in cui Sergio Mattarella fa sapere che chiederà alle forze politiche soluzioni concrete e non solo l'esposizione dei propri programmi, l'affondo di Di Maio - che forse torna a regalare un po' di centralità se non politica almeno mediatica ai pentastellati - non aiuta certo la composizione del complicatissimo mosaico.

La proposta incontra il fermo «no» della Lega, di Forza Italia e del Pd e viene rispedita al mittente in maniera corale, senza dissonanze. «Si riparte dal centrodestra, senza veti o imposizioni dai Cinquestelle», replica Salvini. Ovviamente netta e ferma la reazione di Forza Italia. «Ma chi si crede di essere? Io sono e resto il leader di Forza Italia. Devono fare i conti anche con me, non accetto veti». È la posizione che filtra da Arcore. «Di Maio non ha voti e colleziona veti» replica Licia Ronzulli. E sulla stessa linea si schierano Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini che sottolineano il disprezzo di Di Maio verso i milioni di elettori che hanno votato Forza Italia.

Di certo dalla Lega si fa notare che con questo personalismo spinto non si va lontano. E che il potenziale incaricato Luigi Di Maio per il momento sta giocando una partita a uso e consumo del proprio elettorato, al contrario di Salvini che sta guardando all'interesse del Paese dimostrando maggiore concretezza e responsabilità. «Se c'è la buona volontà un governo si può fare. Ma bisogna tenere a mente due condizioni: primo noi facciamo parte di un'alleanza di centrodestra e quindi non facciamo accordi da soli con i 5S, e poi serve un atto di volontà a mediare da parte dei Cinquestelle» dice il vicepresidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana.

Si allontana, almeno per il momento, anche l'annunciato faccia a faccia tra Salvini e Di Maio che a questo punto potrebbe andare in scena dopo il primo giro di consultazioni. Resta possibile, invece, un incontro dei leader del centrodestra per fare il punto prima dell'inizio della difficile missione quirinalizia.

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