
Ha chiesto al Cup di prenotargli una risonanza magnetica, necessaria come approfondimento di una patologia pregressa. Ma si è sentito rispondere che l'attesa minima è di due anni, marzo 2027. Di qui la denuncia, anche sui social, del suo caso.
Protagonista di questa storia che arriva dalla Puglia di Michele Emiliano (nella foto) Pietro Vernile, 46 anni, ex operaio dell'Ilva di Taranto. Tutto comincia nel 2017, quando a Pietro viene riscontrato un rigonfiamento dei linfonodi al braccio destro e due lesioni tumorali benigne ai polmoni. Da lì comincia un percorso di analisi per tenere sotto controllo la situazione. E arriviamo agli ultimi giorni. È necessaria una risonanza magnetica senza contrasto alla rachide cervicale. L'uomo tenta di prenotare l'accertamento necessario ma, allibito, si sente rispondere che non c'è nulla da fare sino al 27 marzo del 2027. «Già il Covid mi ha costretto a interrompere Tac e Pet. Ora scoprire che per una risonanza devo aspettare due anni mi fa arrabbiare e provare disgusto per questa Regione, questo Paese, questo sistema sanitario», ha raccontato Vernile al Corriere della sera. Il caso monta, anche attraverso i social. E finalmente si sveglia anche la sanità pugliese. Dopo la denuncia e il tam tam seguito alla notizia, l'Asl di Taranto gli telefona e gli offre un appuntamento per il 9 aprile in una clinica privata. «Ci vuole una denuncia per far capire che le cose così non vanno? - dice Vernile al Quotidiano di Puglia - Ho detto alla rappresentante dell'Asl di non avere nulla contro di lei, contro i medici, non è colpa loro. Il problema è che alla sanità mancano fondi. È come se mi invitassero a denunciare ogni qualvolta si dovesse presentare una situazione del genere.
L'attesa per gli esami sanitari va accorciata per tutti. Sono schifato. Noi operai dell'ex Ilva siamo esposti a cancerogeni, lavoriamo con la paura di avere un brutto male, chissà se tra due anni sarò ancora vivo. Questa è la Puglia e questo è lo Stato italiano».
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