Le mani dei talebani su Herat: "Ci stanno ammazzando tutti"

Città attaccata con razzi e bombe, atrocità in tutto il Paese. Gli interpreti: "Ci avete tradito, ci sgozzeranno"

Le mani dei talebani su Herat: "Ci stanno ammazzando tutti"

Herat è sotto attacco da giorni e la grande città dell'Afghanistan occidentale rischia di cadere nella mani dei talebani. Gli insorti combattono a 300-500 metri dall'aeroporto e dalla grande base di Camp Arena, difesa dall'esercito afghano, per oltre 15 anni quartier generale del contingente italiano. «La battaglia da stamattina (ieri per chi legge, nda) è furiosa. Se occupano la città e mi trovano sono morto» dichiara, affranto Mohammed Alì Safdari, il «portavoce» degli ex interpreti italiani in attesa dell'evacuazione promessa da Roma. E se accadrà la colpa è anche nostra, in particolare delle lungaggini del Viminale e del ministero degli Esteri per il via libera alle liste di chi ha chiesto di venire messo in salvo. «L'ambasciata a Kabul nemmeno risponde. E se arrivano i talebani non ci sarà più nessun interprete da salvare. Ci sgozzeranno tutti» sbotta chi ha lavorato per anni con noi. Nella zona di Herat sono una ventina gli interpreti e poi vanno aggiunti altri collaboratori afghani, già in lista per l'evacuazione, con un volo dopo metà agosto, ma da Kabul. Potrebbe essere troppo tardi e troppo lontano. «Siamo tagliati fuori. Ci avete tradito» sono le frasi che ripetono gli afghani negli ultimi giorni e di sottofondo si sentono le raffiche di mitra.

«I talebani hanno tagliato la strada per l'aeroporto che parte dal centro. Sono arrivati alla rotatoria poco prima dello scalo. sentiamo le raffiche e gli scoppi dei razzi Rpg. Gli insorti si trovano a 300-500 metri dall'aeroporto e dall'ex base degli italiani» spiega Ahmad Zia Hidary, che accompagna due giornalisti tedeschi ad Herat. I tre sono protetti nella base del 555, un'unità speciale dell'esercito afghano, che nel pomeriggio di ieri ha ripreso l'iniziativa riconquistando il ponte Pasthoon preso dai talebani alle porte di Herat. Gli insorti hanno attaccato anche gli uffici dell'Onu e issato la bandiera bianca di guerra sul distretto Goazara, cruciale per la battaglia dell'aeroporto, ma poi sono stati ricacciati indietro. Ad Herat sarebbe già arrivato il ministro della Difesa, Bismillah Khan, per evitare il tracollo e sono stati annunciati rinforzi. «Si teme che stia arrivando una colonna di talebani da sud. Se così fosse Herat è in serio pericolo» racconta Zia. Gli elicotteri afghani hanno martellato il campo di battaglia e un velivolo spia americano sorvolava l'area per individuare gli obiettivi. Si attendono pesanti raid aerei Usa. Da Kabul si punta il dito contro il confinante Iran, che starebbe finanziando e aizzando gli insorti per prendere Herat. Altre tre importanti città sono sotto attacco: Kandahar, «capitale spirituale» dei talebani ancora più a sud e Lashkar Gah, sempre nella provincia di Helmand. A Talaqan, capoluogo nel nord della provincia di Taqar, gli assalti sono stati respinti dopo aspri combattimenti.

L'ambasciata afghana a Roma ha denunciato «le atrocità e le pratiche brutali commesse dai talebani nelle aree dove hanno preso il controllo». Foto e filmati mostrano esecuzioni di prigionieri. Uno scatto fa vedere il cadavere di un afghano appeso ad un palo come monito. In un video un gruppo di soldati che si arrende al posto di confine di Spin Boldak, con la promessa di aver salva la vita, viene falciato a raffiche di mitra. In altri video donne sotto il burqa sono brutalmente frustrate per punizione.

I talebani bollano le accuse come propaganda e fake news, ma l'ambasciata afghana ribadisce che nei distretti occupati (oltre la metà del paese) «hanno arbitrariamente ucciso dei civili. Il loro comportamento non è cambiato dagli anni novanta. Vogliono il ritorno dell'Emirato duro e puro».

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