«O si tolgono sugar e plastic tax o noi il Documento programmatico di Bilancio (Dpb) non lo votiamo». Le dichiarazioni del presidente della commissione Finanze della Camera ed esponente di Iv, Luigi Marattin, ieri sera hanno esemplificato in maniera chiarissima l'impasse che ha bloccato la maggioranza di governo sul varo della legge di Bilancio. Il Consiglio dei ministri decisivo, infatti, è stato costretto all'ennesimo slittamento perché la coalizione giallo-rossa non ha trovato la quadra.
Il gettito delle nuove tasse su involucri di plastica non riciclabile e su bevande analcoliche non zuccherate non è elevatissimo (a regime si supera il miliardo di euro), ma poiché provocherebbe un rincaro su beni di consumo molto popolari è diventato la bandiera di tutte le formazioni che si intestano la difesa del sistema produttivo italiano e dei consumatori, senza trascurare che la sua abolizione è stata più volte invocata da Confindustria. Il ministero dell'Economia ha messo sul tavolo un «lieve rinvio», ma eliminare queste imposte - dal punto di vista di Via XX Settembre - è impossibile perché l'ok della Commissione Ue alla manovra e ai progetti del Recovery Plan dipende anche dall'adozione di misure che mostrino la buona volontà di attuare una transizione green, magari tassando di più chi ha maggiori possibilità di spesa.
Un altro fronte aperto con i renziani è rappresentato dal blocco delle ingiunzioni e delle procedure esecutive con contestuale ripartenza delle cartelle esattoriali. «A questo punto per noi, finché non c'è un accordo complessivo - spiegano da Iv - non vale più nulla». Il compromesso raggiunto nel vertice notturno sulla manovra svoltosi tra venerdì e sabato ha retto con difficoltà. Iv e M5s chiedevano una proroga del blocco delle cartelle esattoriali fino a gennaio ma sulla moratoria non è stata trovata un'intesa. Ieri pomeriggio, poi, è stata la ministra renziana delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, a rincarare la dose. «Ritengo del tutto improponibile pensare a nuove tasse in questa fase o ad attivare come se nulla fosse accaduto i procedimenti esecutivi per riscuotere quelle non pagate», ha dichiarato ponendo un'ipoteca sulla tenuta della maggioranza.
Ieri sera, dopo ore e ore di vertici (incluso una videoconferenza tra i ministri dell'Economia, della Sanità e del Lavoro, Gualtieri, Speranza e Catalfo, e i leader di Cisl, Cgil e Uil) l'unico compromesso ancora in piedi riguardava l'espunzione dalla manovra delle norme economiche che riguardano l'emergenza coronavirus per inserirle in un decreto legge che le renda immediatamente efficaci. Nel provvedimento dovrebbero entrare la proroga della cassa-Covid con annesso blocco dei licenziamenti almeno fino alla fine dell'anno per le imprese che avessero esaurito le 18 settimane previste dai decreti emergenziali. In legge di Bilancio si dovrebbero prevedere altre 18 settimane, da utilizzare nel 2021, che potranno richiedere anche le imprese che finora non hanno usufruito degli ammortizzatori di emergenza, e che si applicheranno con il meccanismo attuale, che prevede la gratuità dello strumento per le imprese che abbiano registrato perdite oltre il 20%. Gualtieri non è entusiasta di questo tiramolla che lo rende una sorta di punching ball di Confindustria da una parte e Bruxelles dall'altra su questo tema. Analogamente, nel dl dovrebbero essere inserite anche le nuove regole per lo smart working nella pa.
Un altro tema sul quale dovrebbe reggere l'intesa raggiunta è l'assegno unico per chi ha figli che partirà il prossimo luglio. A regime, l'assegno costerà 6 miliardi aggiuntivi. Altra 2 miliardi andranno al taglio del cuneo fiscale per i reredditi fino a 40mila euro lordi annui.
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