Mario vede la svolta: "Giusto fare più debito ma ora serve crescere"

Il premier: se sprechiamo le risorse diventiamo fragili. Il Patto di Stabilità non sarà come prima

Mario vede la svolta: "Giusto fare più debito ma ora serve crescere"

Si cresce, parecchio, «del 4,2 per cento», forse del cinque. Si riparte: si riattiva l'economia, si rianima la vita sociale, «si può pensare al futuro con maggiore fiducia». E poi ci si indebita, certo: secondo le stime Ue, il rapporto schizzerà al 160 per cento del Pil, «in linea con le previsioni del governo». Ma per fortuna che c'è, il debito. Debito buono, dice il premier Mario Draghi, «deliberato e auspicabile», voluto, utile, anzi indispensabile per salvare il Paese.

«Dovevamo scegliere tra una recessione severa ma temporanea e una depressione con un'improvvisa frenata dei consumi e investimenti che avrebbe causato un'ondata di fallimenti e la chiusura di intere filiere produttive, con conseguenze disastrose». Abbiamo scelto bene, sembra: la politica di bilancio espansiva «sta aiutando la crescita». Ce la stiamo facendo.

Effetto Draghi. A cinque mesi dal suo ingresso a Palazzo Chigi il premier, parlando all'Accademia dei Lincei, può consentirsi «finalmente» di distribuire una buona dose di ottimismo. «A più di un anno dall'esplosione della crisi sanitaria possiamo guardare al domani con fiducia. La campagna di vaccinazione procede spedita, in Italia e in Europa. Dopo mesi di isolamento e lontananza abbiamo ripreso gran parte delle nostre interazioni sociali. L'economia e l'istruzione sono ripartite». Senza dimenticare i 240 miliardi che arriveranno da Bruxelles. Però attenzione, «dobbiamo essere realistici», la pandemia «non è finita» e anche quando lo sarà «avremo a lungo a che fare con le sue conseguenze». Una di queste è il debito, che potrebbe crescere ancora, se le varianti del Covid ci costringeranno a chiudere di nuovo. «Dobbiamo fronteggiare nuove e pericolose mutazioni del virus. Siamo pronti ad intervenire se la pandemia dovesse aggravarsi al punto di provocare danni all'economia del Paese».

Ma adesso, sostiene il presidente del Consiglio, «deve tornare a prevalere il gusto del futuro» perché il vento è nelle vele. I soldi del Recovery Fund, il piano di riforme, i partiti che non toccano più palla e abbandonano le battaglie di bandiera, la burocrazia che sarà costretta, si spera, a rinunciare alle rendite di posizione: un'occasione simile non capiterà mai più. «Per l'Italia - spiega Draghi - questo è un momento favorevole. Le certezze fornite dall'Europa e dalle scelte del governo, la capacità di superare alcune di quelle che erano considerate barriere identitarie, l'abbondanza di mezzi finanziari sono circostanze eccezionali per imprese e famiglie che investiranno capitali e risparmi in tecnologia, formazione e modernizzazione». La chiave sta nel «coniugare efficienza con equità, crescita con sostenibilità, tecnologia con occupazione».

E c'è di più. La Bce vuole mantenere delle condizioni finanziarie favorevoli e, «con il recedere dell'incertezza, l'effetto espansivo della politica monetaria acquisirà ancora più forza; famiglie e imprese sono più disposte a prendere in prestito e investire quando il futuro è più sicuro. Da noi, una maggiore crescita servirà pure per ridurre l'impatto del nuovo debito. Poi, l'occupazione. «Il reinserimento dei lavoratori dopo il trauma della crisi non è immediato. Il governo continua a sostenerli, come in questi due anni». Proprio l'altro giorno Palazzo Chigi ha prolungato il blocco dei licenziamenti per le categorie più in difficoltà. Misure necessarie, commenta Draghi.

«La Bce ha stimato che in assenza di sostegno pubblico, le famiglie europee avrebbero perso in media un quarto del reddito da lavoro. Ma grazie all'intervento statale, in Italia questa perdita è stata del sette per cento».

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