«Mascherina sì, mascherina no». Per un attimo si torna al periodo pre-guerra, dove qualunque decisione ha visto due fronti contrapposti. Stavolta motivo della contesa è cosa accadrà con le ultime restrizioni dal 1° maggio. Ma alla fine, come sottolinea Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità (Css), la decisione «verrà presa dal governo e peserà molto il parere del ministro Speranza».
Alla luce di quanto accaduto in passato la parola d'ordine sarà quindi «prudenza» con una valutazione «giorno per giorno, settimana per settimana e tante di queste valutazioni vanno ancora misurate ad esempio quella sulle mascherine al chiuso, che in questo momento sono obbligatorie. Secondo me sono e restano un presidio molto molto importante», ribadisce Speranza. Dello stesso avviso è Walter Ricciardi, direttore scientifico degli Istituti Clinico Scientifici Maugeri e consulente del ministro Speranza, per il quale «dire togliamo mascherine, togliamo il green pass, la pandemia è finita porterà a una sottovalutazione del rischio che ci disilluderà. Meglio essere prudenti ora per arrivare preparati in autunno». Più diretta la posizione di Massimo Galli: «Togliere le mascherine al chiuso è una discreta corbelleria, perché è uno strumento di protezione individuale e, in determinati contesti, toglierle vuol dire non considerare i fragili». E chi la vede come «uno strumento di coercizione e limitazione della libertà ha una visione becera del problema. Dobbiamo rispettare i fragili e poi adottare tutte le misure possibili per mantenere le attività aperte e limitare la diffusione di un virus che così bonaccione non è». Perché «se una persona non ha un quadro brillante dal punto di vista immunitario, può farsi tutti i vaccini che vuole ma avrà una protezione parziale o assente. Se vuole andare su un mezzo pubblico, metterà la mascherina, ma se gli altri non l'avranno questa persona rischia. Al cinema o al teatro il discorso è lo stesso». Nello specifico anche per lo stesso Locatelli sarebbe opportuno mantenere le mascherine «nel trasporto pubblico, soprattutto sui treni a lunga percorrenza e per i viaggi in aereo», mente negli uffici «può essere considerato, anche se vi è la possibilità di aprire le finestre, almeno finché non arriverà il grande caldo».
Anche perché la situazione all'estero vede quasi ovunque l'addio alle mascherine, mantenendole in rari casi solo per trasporti, Rsa e ospedali, una realtà pre-Covid, dove molto è lasciato alla responsabilità individuale: dopo i paesi nordici già a febbraio e la Francia a marzo, la Spagna ha allentato ieri, Austria e Israele da sabato 23. Più aperta, allora, è la posizione di Andrea Costa, sottosegretario alla Salute, il quale è «convinto che passare da un obbligo di mascherina al chiuso a una raccomandazione possa essere la scelta giusta, magari mantenendole in alcuni luoghi come i mezzi di trasporto. Ma oggi credo ci siano le condizioni per procedere con il togliere l'obbligo di mascherine al chiuso. Il decreto in vigore di fatto già toglie l'obbligo di mascherine al chiuso per tutti. Si tratta ora di valutare se mantenerle in alcuni contesti particolari, dove c'è una concentrazione maggiore di persone».
Quindi si ragiona sul continuare fino a giugno forse con le Ffp2 sui mezzi di trasporto e con le chirurgiche in cinema, discoteche al chiuso, concerti e per categorie di lavoratori a contatto con il pubblico; per gli studenti proseguire o meno durante le lezioni fino al termine dell'anno scolastico.
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