Maschio, 23 anni, spericolato. Identikit della vittima di selfie

Sono 259 le persone morte tra 2011 e 2017. La prima causa è l'annegamento, metà dei decessi solo in India

Maschio, 23 anni, spericolato. Identikit della vittima di selfie

Maschio, 23 anni, amante del pericolo (sembra scontato, ma non lo è). È questo l'identikit delle vittime di selfie in base al primo studio che tenta di fare chiarezza su un fenomeno che esiste, ma che è difficile da stimare. Le morti per colpa degli autoscatti sono state (almeno) 259 dall'ottobre 2011 al novembre 2017, secondo i dati raccolti dal Journal of Family Medicine and Primary Care di Nuova Delhi. Una cifra che la stessa pubblicazione definisce «sottostimata», perché i selfie non sono mai riportati come causa ufficiale di decesso. Basta pensare a quando lo scatto provoca, ad esempio, un incidente stradale: l'episodio sarà registrato con quest'ultima motivazione, sfuggendo dal conteggio.

Secondo il rapporto, le 259 vittime sono decedute in 137 incidenti. Circa la metà dei «selficidi» sono avvenuti in India, secondo gli studiosi per due motivi: perché è il Paese con la più vasta popolazione under 30 e perché i selfie di gruppo sono una tendenza più diffusa lì che altrove. Seguono Russia, Stati Uniti - dove si registra il numero più alto di morti legate all'uso di arma da fuoco - e Pakistan. L'età media delle vittime è 22,94 anni e nei tre quarti dei casi (72,5%) si tratta di maschi. In realtà sono le donne quelle più propense a mettersi in posa e scattarsi foto con lo smartphone, ma tendono anche a evitare comportamenti rischiosi, il che le rende vittime meno probabili. Il numero di decessi è aumentato esponenzialmente da 7 anni a questa parte. Tra 2011 e 2014 risultano solo pochi casi isolati, poi l'impennata: 50 nel 2015, 98 nel 2016 e 93 nel 2017.

L'episodio che ha dato il via al fenomeno è anche uno dei più tragici, perché l'immagine fatale ha fatto in tempo a finire là dove doveva: su Facebook. Essa Ricker e Kelsea Webster, 15 anni, con la sorellina di quest'ultima, Savannah, 13 anni, dello Utah, si erano messe sui binari per scattarsi una foto con il brivido del treno in arrivo. «Vicine al treno ahaha è stupendo!!!!», hanno scritto sotto la foto un istante prima di essere travolte, e nell'immagine si vedono già i fari del convoglio alle loro spalle. Ma allora era stato un caso a sé. La prima volta, invece, che Google ha registrato la ricerca «morte per selfie» risale al gennaio 2014, quando era diventato virale lo scatto di un ragazzino libanese in cui si vede sullo sfondo l'autobomba che poco dopo l'avrebbe ucciso. Ma il fenomeno riguarda anche l'Italia: a giugno 2014 una 17enne di Bari è morta mentre tentava di farsi una foto sulla rotonda del lungomare di Taranto, dov'era in gita con la scuola: ha perso l'equilibrio ed è morta precipitando da un'altezza di 20 metri. Lo scorso 16 settembre a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, un 15enne ha perso la vita cadendo dal tetto di un centro commerciale: gli amici hanno detto che voleva farsi un selfie per dimostrare l'avvenuta «conquista» della sommità dell'edificio, ma la ricostruzione non è stata confermata.

La causa di «selficidio» più comune, però, non è la caduta. Secondo il rapporto appena pubblicato è l'annegamento, per colpa di onde inaspettate o per il rovesciamento dell'imbarcazione su cui si trovava la vittima. Seguono gli incidenti con mezzi di trasporto, in primis i treni, e le cadute da grandi altezze. Altri decessi sono stati provocati da incendi (a Chennai, India, in 48 sono rimasti feriti per essersi fotografati di fronte a una pasticceria in fiamme, ignorando i richiami) e animali pericolosi (in uno zoo in Cina un uomo è stato ucciso da un tricheco dopo averci fatto diversi selfie insieme, e con lui è morto un operatore nel tentativo di salvarlo).

I Paesi si stanno attrezzando per limitare il fenomeno.

A Bombay, India, sono state istituite 16 no-selfie zone, l'Indonesia sta facendo lo stesso sul monte Merapi, un vulcano attivo, e la Russia ha lanciato una campagna di sensibilizzazione in aree particolarmente pericolose con cartelli che avvertono: «Un selfie potrebbe costarti la vita».

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