Ma poi, dice Sergio Mattarella a metà del suo discorso, «i Paesi dell'Unione Europea si dividono in due categorie, i piccoli e quelli che non hanno capito di essere piccoli». Con chi ce l'ha il presidente? Certo non con la Francia: ha parlato a lungo sabato con Emmanuel Macron, ha diffuso insieme a lui un comunicato congiunto Eliseo-Quirinale, ha appena ricucito una frattura pesantissima. Allora forse con la Germania, che sull'energia, il gas e i rapporti con la Cina si sta muovendo in totale autonomia dai partner. «Nessuno Stato può affrontare certe sfide da solo, neppure il più forte economicamente», spiega, e qui c'è qualche indizio che porta dritti a Berlino. Questa però, aggiunge, è soltanto «una provocazione di cinque anni fa» perché, mettiamo subito le cose in chiaro, «la politica estera compete al governo». Magari non sempre, come si è visto con la telefonata con il presidente francese. Però, quando serve...
Giorgia Meloni comunque più di tanto non se l'é presa, se si è sentita scavalcata non ha protestato, perché comunque l'intervento di mediazione del Quirinale potrà infatti servire a riavvicinare più fretta Roma e Parigi: nessuna delle due capitali può permettersi di rompere l'alleanza speciale, ora che siamo alle porte di decisioni importanti sulle regole europee, sull'economia e sul caro bollette. Il capo dello Stato, fanno sapere, non aveva alcuna intenzione di commissariare Palazzo Chigi o di entrare nelle decisioni tecniche e politiche che spettano al governo: i porti, le navi, le Ong, gli sbarchi, le quote di collocamento. Ma, grazie all'intesa con Macron, ha fatto la sua parte per «rasserenare il clima».
Del resto Mattarella non è nuovo a simili operazioni di diplomazia istituzionale. Basta tornare al 2019, quando si diede parecchio da fare per riallacciare i rapporti con la Francia. Volavano gli stracci dopo l'esibizione grillina sui boulevard di Luigi Di Maio, all'epoca vicepremier, e di Alessandro Di Battista, che sfilarono fianco a fianco con l'ala più dura dei gilet gialli, quelli che spaccavano le vetrine a sassate. Eravamo vicini alla rottura completa, Parigi aveva persino richiamato in patria l'ambasciatore, poi ci ha pensato Il capo dello Stato ad ammorbidire un furioso Macron. E adesso, parlando al Palaghiaccio di Varese all'apertura dell'anno accademico dell'università dell'Insubria, invitando la Ue all'unità, Mattarella dà un altra mano al governo. Dai migranti agli aiuti per i deboli, dall'ambiente ai giovani, impossibile pensare di smarcarsi. «Richiedono integrazione tutte le questioni più importanti che abbiamo di fronte. Le migrazioni, i cambiamenti climatici, l'economia globalizzata, la transizione ecologica e quella digitale. Impegni che nessuno Stato è in condizioni di affrontare da solo e che richiedono una comune azione». L'Italia, come ha detto qualche giorno fa a Maastricht, non può essere ancora lasciata da sola a fronteggiare gli sbarchi.
E qui torniamo alla provocazione. «Per i 60 anni dei Trattati di Roma - racconta - si è tenuto un grande incontro di capi di Stato e di governo.
La sera sono saliti al Quirinale nel mio saluto ho detto che i Paesi della Ue si dividono in due categorie, i piccoli e quelli che non hanno compreso di essere piccoli anch'essi. Di fronte a certe sfide nessuno può affrontarle da solo, nemmeno il più forte economicamente e militarmente».
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