Mattarella onora le vittime. "Troppo spazio ai terroristi"

La denuncia alla giornata della memoria al Colle: "Gravi deviazioni compiute da elementi dello Stato"

Mattarella onora le vittime. "Troppo spazio ai terroristi"
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Poi certo, alla fine, «lo Stato ha vinto», gli «anticorpi della democrazia» hanno funzionato e «la reazione morale del popolo ha fatto la differenza». L'Italia ha lottato «con coraggio e decisione, combattendo il terrorismo sempre sul terreno della legalità costituzionale, senza mai cedere alle sirene di chi proponeva soluzioni drastiche, da regime autoritario». Ma è stata dura. «Troppi episodi di sangue - ricorda Sergio Mattarella - hanno ferito una giovane Repubblica». Troppi morti. Troppe stragi, «compiute talvolta con la complicità di uomini da cui lo Stato e i cittadini avrebbero dovuto invece ricevere difesa: avvertiamo ancora di conoscere la piena verità». Molto, troppo, in questi anni si è parlato dei colpevoli. «Si è molto parlato dei terrorismi e dei terroristi - ha detto - Della loro vita, dei loro complici, delle loro presunte ideologie, delle cause che han fatto da base alla loro scelta di lotta armata». Meno della reazione del popolo italiano. Meno dei servitori dello Stato che hanno posto a rischio la propria vita per combattere la violenza, di chi ha opposto un fermo no a chi voleva ribaltare la democrazia. Ancor meno del dolore delle famiglie. «Eppure sono state queste persone, non i terroristi, a fare la storia italiana». Le vittime. «Sono loro ad aver fatto la storia, a scriverne la parte più salda, a parlarci, a esprimere l'autentico animo della nostra società, non la patologia». Sono loro «il patrimonio per i giovani». Ecco, le vittime: sta qui il senso profondo del discorso pacificatorio e in qualche modo rivoluzionario che il capo dello Stato pronuncia a 45 anni dall'uccisione di Aldo Moro, nel Giorno della Memoria. La corona di fiori in via Caetani, la cerimonia al Quirinale, le testimonianze del «dolore indicibile e irrecuperabile» dei parenti «a cui un vile attentato ha strappato un figlio, un genitore o un marito». Mattarella per colpa della mafia quel «sentimento» lo conosce bene di persona. E se la morte di Moro è simbolo e punto di svolta di quel periodo, il presidente ci tiene a sottolineare che sono ben 400 i caduti sul fronte del terrorismo, tutti importanti, ognuno meritevole di un ricordo rispettoso. Destra, sinistra, politici, professori, economisti, forze dell'ordine, giornalisti, magistrati, studenti, ignari passanti, donne, bambini. «Cifre impressionanti». Perciò li mette in fila, in una Spoon River civile.

Dall'agente di polizia Antonio Marino, «ucciso 50 anni fa con una bomba a mano a Milano dai neofascisti della Fenice», ai fratelli «Stefano e Virgilio Mattei, figli di un rappresentante del Msi, bruciati vivi a Primavalle da esponenti di Potere Operaio». Dalla strage anarchica davanti alla questura milanese all'attivista del Fronte della Gioventù «Paolo Di Nella, colpito alla testa mentre affiggeva manifesti per l'espropriazione di Villa Chigi, omicidio ferocemente rivendicato da Autonomia Operaia».

Anni di delirio, di violenza politica «tra giovani di opposte fazioni che respiravano l'aria avvelenata di scontro ideologico». Anni bui, inquinati «dalle gravi deviazioni compiute da elementi dello Stato». Anni di guerra vera, vinta senza leggi speciali, «senza mai cedere alle sirene di chi proponeva soluzioni drastiche, da regime autoritario».

Ce la siamo vista brutta, anche se «l'Italia intera» ha saputo prendere le contromisure.

Però, avverte il capo dello Stato, «un clima di scontro violento, parole d'odio, l'avversario trasformato in nemico da abbattere, costituiscono modalità patologiche della contesa politica che, oggi come allora, vanno condannate e respinte con decisione». Il terrorismo ci sembrerà lontano, ma attenzione. «La Repubblica si nutre di tolleranza, pazienza, confronto, rispetto. È una strada che a taluno appare lunga e faticosa, tuttavia è l'unica di progresso e convivenza».

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