Soppeserà. «Valuterà». Ascolterà il parere dei suoi consiglieri giuridici, farà un giro di telefonate, insomma, spiegano al Colle, «si chiarirà le idee». Qualche giorno, un po' di pazienza, del resto è appena tornato da un viaggio in Cile e Paraguay, poi, tranquilli, il capo dello Stato firmerà la riforma Nordio della giustizia. «E perché non dovrebbe farlo?», dicono al Quirinale: non ci sono i presupposti per una bocciatura. E, soprattutto, manca l'ostacolo principale: il testo preparato dal Guardasigilli non è un decreto, che deve essere convertito entro tre mesi e che quindi ha bisogno subito di un parere, o talvolta anche di un indirizzo preventivo, da parte del presidente. No, questo consegnato dal ministro è un disegno di legge e dunque, prima del suo varo, sarà esposto a tutti i venti e le burrasche parlamentari. Deputati e senatori affronteranno il provvedimento, lo porteranno in commissione, lo voteranno, lo cambieranno, lo presenteranno in Aula e così mesi e mesi se ne andranno via. «Quando una legge è alle Camere, il presidente della Repubblica tace». Sergio Mattarella dirà la sua, se riterrà il caso, quando sarà il momento. Intanto si può partire: l'iter sarà piuttosto lungo e accidentato. Poi certo, il capo dello Stato può sempre dire come la pensi sull'argomento, ad esempio sulla separazione delle carriere, il tema più caldo. Più volte ha criticato gli sconfinamenti delle toghe, i protagonismi di alcuni pm, bilanciando le sue osservazioni con l'invito a rispettare i principi di autonomia e di indipendenza della magistratura. Ma, scorrendo l'agenda presidenziale, non si scorgono a breve prima della pausa estiva occasioni propizie per parlare, come un plenum del Csm o un convegno sulla giustizia. E comunque, ripetono dal Colle, prima di esternare Mattarella «vuole farsi un'idea precisa» e aspettare che le polemiche si plachino un po'.Cosa che non sta per niente avvenendo. Se però il Quirinale «apprezza» il silenzio di Giorgia Meloni in questi giorni e «si compiace» per il tentativo di Palazzo Chigi di smorzare i toni, non si può dire che l'onda polemica politica stia calando. I magistrati sono sulle barricate, le opposizioni si preparano a dare battaglia sul disegno di legge, solo Matteo Renzi sembra assumere una posizione più dialogante sul filo del garantismo. Infatti ha lasciato la commissione Tesoro del Senato e si è trasferito a quella sulla Giustizia. «Voglio seguire il ddl Nordio. Basta con le contrapposizioni ideologiche, bisogna recuperare lucidità e approvare una riforma vera, che serva a tutti».
La maggioranza vuole comunque andare avanti. Dice Antonio Tajani (nella foto): «Forza Italia intende mantenere l'impegno con gli elettori, che ci hanno affidato la responsabilità di governo per rendere più efficace il sistema giudiziario del Paese». Niente rivincite. «Lavoreremo per la separazione delle carriere, cosa che sosteniamo dal 1994, quindi non ci sono contrapposizioni con i magistrati. Anzi, questa riforma va nella direzione aiutare gli sforzi dei tanti che in silenzio amministrano bene la giustizia in Italia». Non sarà facile. L'Anm, ad esempio, è contraria all'abolizione del reato di abuso di ufficio, che sta frenando diversi lavori pubblici, come si lamentano molti sindaci. Per il ministro degli Esteri se ne dovrà fare una ragione «Le decisioni spettano al potere legislativo. Quello giudiziario non deve fare leggi o interferire nella loro formazione». «Certe toghe stracciano la Costituzione», aggiunge Giorgio Mulè, vicepreside della Camera, perché «non riconoscono il primato della politica, è una questione antropologica». Di «ingerenze» parla pure Pierantonio Zanettin, capogruppo Fi in commissione giustizia al Senato. «Il consenso dell'Anm non è necessario, però credo che ora sia il momento di stemperare i toni e di evitare gli estremismi, da una parte e dall'altra. La giustizia fa parte della piattaforma programmatica del centrodestra». Insomma, si va avanti così, tra scambi di accuse, anche se il fronte garantista sembra rinforzarsi.
«Ho letto il disegno di legge Nordio e ho apprezzato la sua proposta - commenta il costituzionalista Sabino Cassese - Un buon inizio. La magistratura deve essere meno combattente». E Luciano Violante: «La politica deve riconquistare la sua sovranità».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.