Mattarella severo con il Cremlino. "Basta stalinismo, sanzioni più dure"

Il capo dello Stato al Consiglio d'Europa: "Putin si fermi, noi pronti per bloccare l'aggressione. La pace frutto della collaborazione tra i popoli". Di Maio: "Ci aspettiamo ritorsioni da Mosca"

Mattarella severo con il Cremlino. "Basta stalinismo, sanzioni più dure"

La guerra? Non ci sono dubbi. Se questo «mostro vorace mai sazio» è qui tra noi, dentro il giardino di casa, la colpa è tutta di quello «stalinista» di Putin, «che ha scelto l'imperialismo» e si è messo «fuori delle regole». E adesso, sostiene Sergio Mattarella, non abbiamo altra scelta che «una solidarietà ferma e attiva», non c'è alternativa al mandare armi all'Ucraina, «non si può certo arretrare dalla trincea della difesa dei diritti umani e dei popoli»: l'Italia, assicura, terrà botta, «è pronta a nuove sanzioni immediate per fermare l'aggressione» del Cremlino.

La pace? «Non si impone da sola», Mosca deve cambiare strada. Subito. «La Russia sappia fermarsi, ritiri le truppe, contribuisca alla ricostruzione del territorio che ha devastato». Molto poi dipende anche dall'unita d'azione dell'Europa, dalla capacità persuasiva dell'Occidente. «Serve uno sforzo creativo, come diceva Schuman, per far vincere tutti senza che nessuno debba perdere». Occorre una sede internazionale adatta. In questo quadro il modello perfetto, spiega il capo dello Stato, non è una nuova Yalta «frutto delle prova di forza tra le potenze», semmai un'altra Helsinki «per riprendere il dialogo» e favorire la distensione. Come nel 1975.

Parlando a Strasburgo davanti al Consiglio d'Europa, Mattarella fissa così la linea italiana. Niente sbandamenti, nessuna esitazione. «La responsabilità dell'atroce invasione dell'Ucraina ricade interamente sul governo della Federazione Russa, non sul popolo russo la cui cultura fa parte del patrimonio europeo e che si cerca colpevolmente di tenere all'oscuro di quello che realmente avviene». C'è di più. C'è il forte rischio che non finisca presto. «La tentazione di moltiplicare i conflitti è sullo sfondo dell'avventura bellicista intrapresa da Mosca».

Ora siamo appesi alla volontà degli uomini. «Quanto la guerra ha la pretesa di essere lampo e non le riesce, tanto la pace è il frutto del paziente e inarrestabile fluire dello spirito e della pratica della collaborazione tra i popoli, della capacità di passare dallo scontro e dalla corsa agli armamenti al dialogo e alla riduzione bilanciata degli strumenti di aggressione». Helsinki appunto. «È necessaria l'azione internazionale. Una costruzione laboriosa frutto di un'ostinata fiducia verso l'umanità e senso di responsabilità».

Roma vuole «incoraggiare tutte le possibilità di negoziato» e spera «che si aprano strade che al momento non si vedono». Non c'è grande ottimismo, ma insomma «ci siamo offerti come garanti» sul campo. «Il canale con Mosca deve restare aperto - dice Luigi Di Maio - anche se, coordinandoci con gli alleati, abbiamo espulso trenta diplomatici russi per motivi di sicurezza e ci aspettiamo la ritorsione. Le armi a Kiev? Il nostro faro è l'articolo 51 dell'Onu sul diritto alla difesa dei popoli». Però intanto le diplomazie si stanno dando da fare. «Dobbiamo lavorare a una trattativa che arrivi ai punti focali delle richieste di entrambi, partendo dalla disponibilità che Zelensky ha già dato. Ora è Putin che deve dimostrare di volere la pace», conclude il ministro degli Esteri.

Ma si parla di pace, non di pacifismo di maniera, e questa parte del messaggio presidenziale è diretta al dibattito interno. Secondo Mattarella infatti non si può giustificare, o coprire, chi «vuole imporre l'arretramento della storia».

Quella a cui stiamo assistendo «è una visione tardo ottocentesca, e poi stalinista, che immagina una gerarchia di nazioni a vantaggio di quella militarmente più forte». Si chiama «Imperialismo», o «neo-colonialismo», o «zone di influenza»: una interpretazione del mondo «non più accettabile nel terzo millennio». Basta, «non è più tempo di paesi che pretendono di dominare altri».

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